Martedì 23 Aprile 2024

Al Sud lavora solo il 35 per cento delle donne con figli piccoli

Carenza di asili nido e scarsa diffusione del tempo pieno finiscono per penalizzare l’occupazione femminile. I dati di Svimez e Banca d’Italia

La carenza di servizi al Sud penalizza il lavoro delle donne con figli e contribuisce all’inverno demografico: appena il 35% delle madri con figli in età prescolare lavora rispetto al 64% del Centro-Nord.

Donne al lavoro
Donne al lavoro

La conciliazione famiglia-lavoro è ancora, soprattutto, una “questione meridionale”. E, dunque, i tempi di cura della famiglia condizionano le opportunità di lavoro delle madri, soprattutto nel Mezzogiorno. Il dato arriva dallo Svimez sulla base di un’analisi complessiva elaborata dai numeri della Banca d’Italia. A conferma di un mercato del lavoro “poco amico dei giovani”, nelle famiglie italiane si registrano tassi di occupazione sensibilmente più elevati per i genitori che per i figli (67,8% contro il 56,1%). E sono i genitori maschi, soprattutto, a determinare quest’esito: il tasso di occupazione dei padri italiani è pari all’83,2% a fronte del 55,1% delle madri. Con l’aggravante di tassi di occupazione strutturalmente più contenuti, nel Mezzogiorno il divario genitori-figli è di 11 punti percentuali (53,7 contro 42,8%) contro i 9 del Centro-Nord.

Anche lo squilibrio di genere tra genitori è più marcato ne Mezzogiorno: 74,4 e 36,7% il tasso di occupazione rispettivamente per padri e madri meridionali (88 contro il 65,4% nel Centro-Nord). Il tasso di occupazione delle donne italiane con figli in età prescolare è particolarmente contenuto (53,9% contro il 60,5% delle madri con figli da 6 a 17 anni). Nel Mezzogiorno il dato crolla al 35,3% per le madri con i figli in età prescolare (40,8% per le mamme meridionali con figli in età scolare).

A determinare questa problematica condizione delle donne nell’approcciare il mercato del lavoro contribuiscono la carenza di posti disponibili negli asili nido, gli elevati costi di accesso al servizio, la scarsa diffusione del tempo pieno nelle scuole dell’infanzia. Prima ancora che le opportunità di lavoro, queste carenze frenano la partecipazione al mercato del lavoro delle donne. Una questione italiana in Europa che è determinata soprattutto dai divari tra Mezzogiorno e Centro-Nord: il divario sfavorevole al Sud nei tassi di attività si attesta tra i 25 e i 30 punti percentuali per tutte le tipologie familiari.

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In particolare, il divario italiano nel tasso di partecipazione femminile rispetto alla media UE è di circa 13 punti percentuali, media dalla quale il Centro-Nord è distante circa 5 punti, il Mezzogiorno ben 28 punti. La scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro è un freno per le prospettive di crescita dell’economia italiana, soprattutto alla luce di tendenze demografiche particolarmente negative, che già si stanno riflettendo in un calo della popolazione in età da lavoro. Nella sua ultima relazione annuale la Banca d’Italia ci ha ricordato che, in base allo scenario mediano delle più recenti proiezioni demografiche dell’Istat, nel 2040 la popolazione di età compresa tra 15 e 64 anni sarà inferiore di circa il 16 per cento rispetto al 2022 (circa 6 milioni di persone in meno). Questa flessione implicherebbe una riduzione di oltre il 9 per cento della forza lavoro per effetto della ricomposizione di classi d’età e titoli di studio. Il calo del numero di attivi si dimezzerebbe se il tasso di partecipazione femminile convergesse entro i prossimi dieci anni al livello medio della UE del 2022, contenendo la flessione delle forze di lavoro a poco più di un milione a fronte degli oltre due milioni previsti. Anche il dato nazionale delle proiezioni demografiche riflette situazioni molto differenziate a livello territoriale. Secondo le proiezioni demografiche dell’Istat la flessione al 2040 del 16% per la popolazione di età compresa tra 15 e 64 anni risulterebbe da un calo del 21,8% nel Mezzogiorno (circa 2,8 milioni di persone) e del 13,1% nel Centro-Nord (circa 3,2 milioni).

Il calo demografico indurrebbe una flessione della forza lavoro nel Mezzogiorno intorno a un milione di persone dagli attuali 7 milioni a poco più 6 milioni di persone. Se il tasso di partecipazione femminile del Mezzogiorno convergesse entro i prossimi dieci anni verso i livelli italiani del 2022, la forza lavoro meridionale rimarrebbe sostanzialmente sui livelli attuali (circa 6,5 milioni) nonostante il forte calo demografico.

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Risulta dunque evidente l’importanza di interventi rivolti a incentivare l’occupabilità delle donne, soprattutto nel Mezzogiorno, rafforzando i servizi per l’infanzia e le infrastrutture scolastiche, favorendo una distribuzione più equilibrata tra generi delle attività di cura della famiglia e facilitando la conciliazione dei tempi di vita e lavoro.  

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