"LO SMARRIMENTO è normale rispetto alle sfide dell’intelligenza artificiale che però offre enormi potenzialità a patto di essere correttamente gestita anche dal punto di vista legale, considerando pure che la tutela giuridica al riguardo è appena agli albori". Lo spiega l’avvocato Riccardo Traina Chiarini (nella foto), counsel dello studio legale Trevisan e Cuonzo che ha recentemente condotto una indagine dal titolo ’AI e digitalizzazione: le nuove frontiere dell’Ip’ (Intellectual property) e da cui è emerso che il 53% delle aziende ha integrato sistemi di AI, utilizzandoli in campi quali la reportistica, la gestione dei contratti, l’automatizzazione dei processi e l’analisi predittiva, rilevando importanti benefici e miglioramento delle performance.
Avvocato Traina, quale ruolo giocheranno la digitalizzazione e l’Intelligenza artificiale (AI) tra le imprese italiane per ottenere maggiore efficienza, essere sempre più competitive e innovative?
"Le grandi imprese italiane sono concordi nel ritenere che stiamo vivendo un cambio di paradigma drastico. La digitalizzazione, e l’intelligenza artificiale in particolare, offrono alle imprese un’opportunità unica per aumentare l’efficienza operativa, semplificare i processi e migliorare l’analisi dei dati. Il vantaggio competitivo per chi ha saputo, sa e saprà integrare la tecnologia in questo senso sarà sempre più evidente".
Quali le prospettive future che attendono il sistema imprenditoriale negli anni a venire?
"È normale che le imprese avvertano un certo senso di smarrimento dovuto non solo alla difficoltà di introdurre tecnologie tanto impattanti quanto complesse, ma anche alle implicazioni legali che tale integrazione comporta. L’intelligenza artificiale introduce nuovi rischi, nuovi dubbi ’esistenziali’, di natura etica oltre che giuridica, ma rappresenta un grande fattore di crescita per le aziende di qualsiasi settore. In questo senso non dobbiamo commettere l’errore di pensare che AI sia solamente l’AI generativa, che al momento sta monopolizzando i titoli dei giornali".
E come affrontano il cambiamento?
"Dal punto di vista della gestione dei rischi, un’assistenza legale continuativa e specializzata è fondamentale e diventa sempre più parte integrante del business. A seconda delle necessità le imprese possono optare per la creazione di ruoli o team ad hoc al loro interno o rivolgersi a consulenti esterni. È importante che tutte le figure aziendali toccate dal cambiamento ricevano da subito adeguata formazione e siano sensibilizzate ai temi giuridici posti dall’uso (o dallo sviluppo) di determinati sistemi, oltre ad un accompagnamento costante nel corso del tempo".
Aumentano delle esigenze legali in aree critiche come la cybersicurezza, la protezione dei dati personali e la conformità alle normative come l’AI Act europeo?
"Certamente. Non è una scelta: a fronte di una forte e complessa regolamentazione da parte dell’ordinamento (in particolare a livello europeo), chi non attua un uso consapevole ed una compliance impeccabile alle normative riguardanti l’uso degli strumenti digitali rischia di mettere in seria difficoltà l’azienda. L’AI Act è solo l’ultima di una serie di normative emanate dall’Unione europea, che prevedono sanzioni pesanti in caso di violazione, a cui le imprese devono prestare attenzione. L’AI Act riguarda potenzialmente ogni utilizzatore professionale di sistemi di intelligenza artificiale; quindi, nella sostanza, arriverà a toccare tutte (o quasi) le imprese italiane".
Si investe a sufficienza nelle competenze e nel supporto legale, da parte di avvocati specializzati in materia di AI?
"Le grandi imprese italiane sono consapevoli di quanto detto sopra, e quindi avvertono la necessità di avere un’assistenza continuativa (dalla formazione dei dipendenti alle fasi patologiche) da parte di avvocati esperti, conoscitori non solo della normativa ma anche della tecnologia, e che quindi sappiano fare da trait d’union tra i diversi dipartimenti aziendali, in modo sempre più trasversale. Allo stesso tempo le imprese hanno necessità di contenere i costi e accelerare i tempi di risoluzione di questioni giuridiche o di adeguamento alle normative. Ciò significa che gli stessi consulenti legali devono adeguarsi al cambio di paradigma, ed anche in questo la tecnologia può e deve aiutare".
Che impatto può avere l’intelligenza artificiale sui frutti dell’inventiva e dell’ingegno umano?
"Il tema deve essere affrontato da più fronti. Da un lato, si pone il problema di come certi sistemi vengano ’istruiti’, con quale ’conoscenza’, e se lo sfruttamento a tal fine di certe informazioni coperte da diritti di proprietà intellettuale debba avvenire con l’autorizzazione dei titolari degli stessi o meno. Dall’altro, il problema riguarda l’attribuibilità dell’opera o dell’invenzione all’ingegno umano, piuttosto che alla ’macchina’. E se la creazione della ’macchina’ avviene sfruttando la proprietà intellettuale altrui, cosa succede? Chi è responsabile?".
Ci sono tutele giuridiche al riguardo?
"Ad oggi il nostro ordinamento conosce una sola norma che affronta espressamente il primo tema di cui alla risposta precedente (e che riguarda solamente le opere autorali, ad esclusione, quindi, di invenzioni e altri diritti di proprietà industriale). Per il resto, assistiamo alle prime timide indicazioni giurisprudenziali, molto varie: si va dalla pressoché totale esclusione di tutela per le opere realizzate con l’uso di Gen-AI negli Stati Uniti, alla parificazione della Gen-AI alle macchine fotografiche (con conseguente concessione di tutela) in Cina".