OLTRE 141 miliardi di euro in dieci anni. È la somma passata di mano grazie alla vendita delle aziende familiari in Italia tra il 2013 e il 2022. La cifra è stata calcolata dalla società di gestione patrimoniale Pictet Wealth Management (WM) in una ricerca realizzata in collaborazione con la School of Management del Politecnico di Milano. La vendita delle imprese di famiglia, insomma, per molti nostri connazionali è stata una grande fonte di ricchezza, che naturalmente fa gola anche a molte società del private banking e del wealth management, specializzate nell’amministrare i patrimoni finanziari degli investitori più ricchi. A ben guardare, la cifra calcolata da Pictet WM e dal Politecnico è molto prudenziale perché l’indagine ha preso in esame soltanto le operazioni di vendita di cui è stato reso pubblico il prezzo. Tenendo conto che ci sono state anche molte operazioni undisclosed, cioè con un valore rimasto top secret, gli autori della ricerca hanno stimato che la cifra totale passata di mano in Italia grazie alla vendita di aziende familiari si aggiri sui 300 miliardi di euro in un decennio.
"Le famiglie e gli imprenditori che ricevono un ingente flusso di liquidità dalla cessione delle loro aziende diventano a loro volta dei veri e propri investitori istituzionali", dice Alessandra Losito (nella foto a sinistra), che dirige in Italia le attività di Pictet Wealth Management. Per Losito i gestori dei grandi patrimoni possono dunque svolgere un ruolo centrale nel convogliare nella giusta direzione i flussi di ricchezza generati da queste operazioni, "con l’obiettivo di proteggere, sviluppare e trasmettere il patrimonio tra le generazioni e attraverso gli eventi della vita". Nel settore del wealth management, che si occupa della gestione dei grandi patrimoni, queste cessioni di attività imprenditoriali (che generano una notevole quantità di ricchezza) vengono classificate come "liquidity events" e sono un fenomeno che attira sempre più l’attenzione degli addetti ai lavori. Per Losito si può infatti creare "un circolo virtuoso dove i flussi risultanti da questi deal vengono poi reimmessi nel mercato sotto forma di investimenti in nuove idee e progetti, generando un impatto positivo nell’economia reale tanto quanto sui mercati finanziari".
Giancarlo Giudici (nella foto a destra), professore ordinario della School of Management del Politecnico di Milano e referente scientifico della ricerca, si augura che l’analisi effettuata "possa far emergere al meglio quelli che sono i principali trend che caratterizzano i liquidity events di aziende familiari in Italia e i molteplici impatti che questi possono generare per il tessuto economico del nostro Paese". Giudici sottolinea che le società fondate e dirette da famiglie o da dinastie imprenditoriali rappresentano un bacino importante per il mercato delle fusioni e acquisizioni (M&A) in Italia.
"L’ingente liquidità liberata negli ultimi 10 anni da questa tipologia di operazioni ha rappresentato infatti un importante flusso di nuove risorse, che si è sicuramente riversato anche nell’economia reale", aggiunge Giudici, il quale specifica quali sono i soggetti che più spesso entrano nel capitale delle aziende familiari o ne acquisiscono la proprietà. Al primo posto ci sono altre aziende seguite però dai fondi di private equity, cioè investitori istituzionali che di solito acquistano imprese non quotate in borsa, con l’obiettivo di fornire loro i capitali per crescere e poi rivenderle o portarle sul listino di Piazza Affari.