QUANTO costa investire in strumenti finanziari? E quanto di ciò che è investito finisce nelle tasche del fisco? Questioni importanti alle quali, però, la maggioranza degli italiani non dà il giusto peso. Lo conferma una ricerca di Moneyfarm, società di consulenza finanziaria indipendente con approccio digitale, che a oltre sei anni dall’entrata in vigore della direttiva europea MiFID II – che ha introdotto l’obbligo, per le banche e gli intermediari finanziari, di rendicontare tutti i costi e gli oneri effettivamente sostenuti dai clienti per i propri investimenti con una cadenza (almeno) annuale – fa il punto sulla consapevolezza che gli investitori hanno del Rendiconto Costi e Oneri. Ne esce un quadro piuttosto sconfortante: nonostante si tratti di un campione con un livello medio di istruzione elevato (in cui ad avere una laurea è il 60% dei rispondenti, un quarto dei quali in discipline economico-finanziarie), il 35% dei clienti Moneyfarm e il 48% dei non clienti ha una conoscenza nulla o limitata dell’esistenza del documento. Di questi, il 62% sono donne, contro il 34% degli uomini. Significativo che la consapevolezza aumenti al crescere dell’età e della propensione al rischio: il profilo più esperto è quello del Boomer (71%), con propensione al rischio elevata (70,5%) e un patrimonio medio investito superiore ai 65mila euro (63%).
Più si approfondisce il contenuto del Rendiconto, più le conoscenze degli intervistati si fanno vaghe: solo il 30% sa con esattezza quali informazioni sono riportate in questo importante documento. Del resto, anche tra chi è certo di aver ricevuto almeno un Rendiconto Costi e Oneri nella sua esperienza di investitore, ossia circa il 50% del campione, solo il 33% afferma di averlo effettivamente letto, trovandolo chiaro ed esaustivo. Una lettura che dovrebbe essere fatta da tutti con molta attenzione: nel Rendiconto Costi e Oneri devono infatti essere esplicitate tutte le voci di costo, compresi gli oneri fiscali, sia in assoluto sia in percentuale, in modo da rendere possibile per i clienti il confronto tra servizi e strumenti finanziari diversi, disincentivando quella che è stata per anni la prassi degli intermediari finanziari, che tendevano a celare i costi addebitati dietro strutture commissionali complesse e articolate. A questo proposito, nel maggio del 2020 la Consob (nella foto in basso il presidente Paolo Savona) ha formulato una serie di raccomandazioni per stimolare una migliore individuazione della disclosure dei vari costi e oneri all’interno del Rendiconto, e per facilitare la comprensione del significato delle singole voci elencate e della loro incidenza sulla performance totale, nonché la comparazione con i documenti ricevuti da altri intermediari. In ottemperanza a queste disposizioni, l’industria del risparmio è chiamata a impegnarsi per rendere più chiaro il documento – anche attraverso un maggior utilizzo di tabelle, glossari, numeri riepilogativi – e per veicolare in maniera diretta il suo contenuto, senza diluirlo con altre informazioni che potrebbero risultare fuorvianti. L’obiettivo ultimo dovrebbe sempre essere aiutare chiunque, anche i non addetti ai lavori, a avere una comprensione più immediata del tema. Nonostante la pronuncia della Consob, dall’indagine Moneyfarm è emerso che il livello di coinvolgimento degli investitori sul tema resta minimo: oltre due terzi di coloro che dichiarano di aver ricevuto il documento negli anni passati non ne hanno mai discusso con il proprio consulente e la metà afferma di non aver mai ricevuto nemmeno una notifica proattiva della pubblicazione del Rendiconto o di averlo dovuto cercare nell’area riservata della propria home banking.
"Si tratta di un segnale di scarsa sensibilità dell’industria sul tema, ancora più grave se si considera che ogni giorno gli investitori vengono inondati da comunicazioni proattive di ogni tipo, spesso a fini commerciali – commenta Andrea Rocchetti (nella foto sopra), Global Head of Investment Advisory di Moneyfarm – La nostra indagine mette in luce come vi sia ancora un ampio numero di investitori che crede che la consulenza prestata dalla propria banca o intermediario finanziario sia a titolo gratuito. Un fatto ancora più paradossale se si considera che in Italia il costo per gli investimenti è tra i più alti al mondo. Le istituzioni e noi operatori finanziari siamo quindi chiamati a un’opera di rieducazione finanziaria, per aumentare la consapevolezza del pubblico circa i costi a cui si va incontro quando si sottoscrive un prodotto o un servizio finanziario. I costi rappresentano infatti l’unica variabile certa di un investimento e solo avendo accesso a informazioni trasparenti in tempi utili è possibile prendere decisioni con cognizione di causa".
Dalla ricerca emerge inoltre che quasi il 70% degli intervistati ignora o sa solo vagamente che gli intermediari sono tenuti per legge a inviare il Rendiconto entro il 30 aprile di ogni anno e solo il 3% è a conoscenza della possibilità di richiedere il documento in forma analitica e ha effettivamente chiesto di visionare la versione dettagliata del Rendiconto, fondamentale per poter conoscere non soltanto il costo complessivo del proprio portafoglio, ma anche le potenziali inefficienze in termini di costo dei singoli strumenti nell’ambito della propria esposizione complessiva. Interessante sottolineare che, tra coloro che non sono a conoscenza del Rendiconto, l’82% degli investitori non clienti Moneyfarm dice di non aver mai ricevuto un documento del genere in passato. Tra coloro che quantomeno hanno una vaga idea dell’esistenza del documento il dato cala drasticamente intorno al 18%, segno che una maggiore sensibilizzazione intorno all’esistenza e alla finalità del Rendiconto rende i risparmiatori più attenti e partecipi nella gestione dei propri risparmi.