CON ASPETTATIVE DI CONTINUA disinflazione, crescita più lenta e un ciclo di allentamento dei tassi di interesse nella maggior parte dei paesi dei mercati sviluppati, il 2024 è stato annunciato come anno più favorevole ai rendimenti obbligazionari. Ma a sorpresa, proprio come nel 2023, i solidi dati economici statunitensi di inizio anno hanno guastato la festa. Anche se c’è un accenno di stagionalità residua in alcuni dati, non c’è dubbio che sia la crescita che l’inflazione degli Stati Uniti abbiano finora riservato sorprese al rialzo nel 2024. La risposta degli investitori istituzionali è stata ancora più sorprendente, infatti sono rimasti saldamente ancorati ai Treasury e al debito corporate statunitense e hanno ridotto le loro allocazioni ai Treasury Inflation-Protected Securities. In un contesto in cui le allocazioni complessive nel mercato obbligazionario sono scese al livello più basso degli ultimi 15 anni, la domanda di Treasury e di obbligazioni statunitensi rimane fuori dall’ordinario. Gli afflussi verso il debito sovrano europeo, soprattutto nel Regno Unito e in Francia, si sono attenuati, nonostante il contesto macroeconomico caratterizzato da disinflazione e recessione sia più favorevole alle obbligazioni. La domanda di debito sovrano dei mercati emergenti ha subito una brusca battuta d’arresto, in quanto gli investitori hanno rivalutato il ciclo di riduzione dei tassi a fronte della recente accelerazione dell’inflazione. L’allocazione aggregata degli investitori a lungo termine nell’obbligazionario rispetto all’azionario non era così sbilanciata da prima della crisi finanziaria globale. In parte ciò è dovuto agli effetti dei prezzi; la recente e drammatica sovraperformance delle azioni ha spinto le allocazioni azionarie a un passo dai massimi degli ultimi 15 anni.
Le partecipazioni nell’obbligazionario sono invece andate nella direzione opposta e ad oggi (in aggregato) hanno toccato i minimi dalla crisi finanziaria globale. Le allocazioni residue in liquidità si attestano a meno di 3 decimi dalla media di lungo periodo, dopo essere state sopra la media per la maggior parte del 2023. Questo dato è importante perché implica una minore quantità di risorse finanziarie disponibili da restituire ai mercati azionari e obbligazionari, a meno che gli investitori non decidano di sottopesare la liquidità. Poiché le partecipazioni azionarie sono già così elevate, soprattutto rispetto all’obbligazionario, sembra ragionevole supporre che solo un forte miglioramento dell’outlook per il mercato azionario potrebbe impedire un certo ribilanciamento verso l’obbligazionario. Mentre la domanda di Treasury da parte degli investitori istituzionali è rimasta elevata nel primo trimestre, la domanda di debito sovrano europeo ha iniziato a diminuire, soprattutto nel Regno Unito e in Francia. Ciò suggerisce che la stabilità della domanda da parte degli investitori istituzionali non può considerarsi scontata. La crescente selettività per i titoli sovrani si estende anche agli strumenti a più alto rendimento.
All’inizio dell’anno, la domanda di debito sovrano dei mercati emergenti in valuta locale e di high yield statunitense era in aumento, ma gli afflussi verso i mercati emergenti hanno subito una brusca inversione di tendenza a febbraio e marzo. Sembra che gli investitori siano più propensi a scommettere su una recessione statunitense che su ulteriori interventi delle banche centrali dei Paesi emergenti, il che è comprensibile alla luce delle recenti notizie economiche. La domanda di debito corporate europeo si è fortemente indebolita, in quanto la recessione in alcune aree dell’eurozona ha messo sotto pressione il credito. Il debito in valuta locale dei mercati europei è stato penalizzato dalla forza del dollaro e continua a dipendere dalla strada intrapresa dalla Fed. Le valute forti si sono dimostrate più resilienti e, nonostante gli spread siano ristretti, potrebbero continuare a offrire rendimenti migliori fino all’avvio del ciclo di allentamento degli Stati Uniti. Le aspettative per il primo taglio di 25 punti base da parte della Fed si sono spostate da marzo 2024 (come prezzato a fine dicembre 2023) a luglio 2024. Nonostante questo sostanziale riprezzamento, le esposizioni in valuta forte si sono dimostrate resistenti e il J.P. Morgan EMBI Global Diversified Index ha registrato un rendimento superiore al 2% nel primo trimestre. I rendimenti elevati delle cedole e il restringimento degli spread hanno sostenuto la performance; se il contesto economico rimarrà simile nel secondo trimestre, potrebbe essere opportuno optare per esposizioni in valuta forte piuttosto che in valuta locale. In compenso, gli spread rispetto ai Treasury sono storicamente molto ristretti.
Questo vale per la maggior parte dei prodotti a spread e le obbligazioni in valuta forte non fanno eccezione. In una certa misura, i rischi di allargamento degli spread sono mitigati dagli elevati rendimenti assoluti offerti. Questo può certamente fornire un certo livello di protezione, soprattutto se gli investitori optano per esposizioni di durata più breve. Il debito in valuta forte dei mercati emergenti ha dimostrato di saper resistere alla tempesta rappresentata dal graduale ridimensionamento delle aspettative di taglio dei tassi da parte della Fed. Tuttavia, gli elevati rendimenti a termine e i fattori stagionali più positivi dovrebbero aiutare nel caso in cui nel secondo trimestre questa tendenza perduri.