Domenica 6 Ottobre 2024

I risparmi delle famiglie e il sostegno all’economia e alle aziende

I risparmi delle famiglie europee sono un potenziale non sfruttato per lo sviluppo economico. Il dialogo tra finanza e imprese è fondamentale per valorizzare questo capitale.

GLI ABBONDANTI RISPARMI delle famiglie europee sono un capitale da valorizzare, per l’economia e per le imprese. E finanza e imprese devono a dialogare di più. Spieghiamoci meglio: la massa dei risparmi privati in Europa dovrebbero e potrebbero costituire un vantaggio per lo sviluppo di mercati dei capitali utili e attrattivi per le imprese. Invece, la ricchezza finanziaria delle famiglie rimane un “potenziale non sfruttato che dipende da una base di investitori molto debole e da una struttura frammentata dei mercati dei capitali. Per allinearsi alle grandi economie, la profondità dei mercati azionari europei dovrebbe espandersi del 60%. E questo ritardo europeo si estende anche alle obbligazioni e ai mercati privati. Qual è la conseguenza di tutto questo? Che le imprese europee sono costrette ad affrontare costi del capitale più elevati e potrebbero decidere di rivolgersi agli Stati Uniti per la raccolta di fondi”.

A livello più generale, il tema è stato trattato anche nel Rapporto “Much more than a market” presentato dall’ex Presidente del Consiglio italiano, Enrico Letta, al Consiglio Ue. Letta ha rilevato che l’Unione “non dispone di uno strumento efficace per incanalare il risparmio retail nell’economia reale” e che le pmi europee “faticano di più o pagano un prezzo più alto per trovare investimenti in capitale e debito, soprattutto rispetto alle loro controparti statunitensi”. La ricchezza delle famiglie resta infatti allocata in modo inefficiente rispetto al finanziamento dell’economia europea . L’Europa “esporta” una quota significativa dei suoi risparmi attraverso l’acquisto di prodotti esteri a reddito fisso e “importa” i finanziamenti azionari necessari per lo sviluppo a lungo termine delle sue imprese. L’allocazione dei risparmi in prodotti liquidi e a basso rischio priva i risparmiatori europei dei rendimenti che gli investitori statunitensi a lungo termine possono invece ottenere sui mercati finanziari. Ne sono convinti gli operatori di Private Banking associati di Aipb: il 70% ritiene che gli investimenti diretti o indiretti in economia reale delle famiglie italiane dovrebbero aumentare in futuro. Partiamo dai numeri. Il Private Banking gestisce circa 1.100 miliardi di euro di ricchezza, la metà degli investimenti finanziari totali che vengono effettuati in Italia. Il 60% della clientela Private italiana si dice disposta a investire una parte del proprio patrimonio per un periodo di tempo prolungato, in cambio di una maggiore redditività. In questo contesto, l’economia reale potrebbe assumere un ruolo importante nelle scelte di allocazione degli attivi. Invece, sul totale dei fondi di investimento, i Private Markets nel 2022 rappresentavano appena lo 0,82% (ma in crescita del 26% sull’anno precedente) per un totale di poco meno di 8 miliardi. Si tratta in prevalenza di fondi di private equity (30%), multi-asset (20%) e immobiliari (14%). Oltre la metà degli operatori Private vorrebbe invece vedere crescere entro i prossimi 5 anni il loro peso nei portafogli dei clienti fino al 3%, uno su tre si spingerebbe al 5%.

Contribuire ulteriormente a canalizzare investimenti verso l’economia reale rappresenta un importante driver di crescita per il settore Private. Per “convogliare un maggior numero di finanziamenti a lungo termine verso le imprese e in progetti infrastrutturali, in particolare quelli che contribuiscono all’obiettivo di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”, uno degli strumenti citati nel rapporto Letta è quello degli European Long-Term Investment Fund (Eltif). Introdotti nel 2015 e riformati recentemente, consentono ai risparmiatori privati e agli investitori non professionali di investire direttamente in economia reale. Gli Eltif 2.0, secondo un’indagine Aipb, rappresentano lo strumento principale per dare un impulso alla diffusione dei mercati privati nei portafogli Private. Ad oggi, però, non hanno ancora riscosso il successo sperato. In Italia vengono commercializzati circa la metà (49) degli Eltif autorizzati; di questi il Private Banking ne distribuisce 24, per un equivalente di 1,25 miliardi in termini di asset gestiti. Due elementi, uno di merito e uno di metodo, possono aiutarne lo sviluppo: regolamentazione e dialogo. Partiamo dal primo: occorre intervenire sul piano regolatorio per rafforzare il circolo virtuoso tra mercati privati e pubblici e promuovere gli investimenti transfrontalieri in economia reale dedicati a investitori istituzionali e individuali qualificati, distinguendoli dagli investitori al dettaglio sulla base di criteri europei armonizzati. Il dialogo, invece, potrebbe aiutare a stimolare la domanda di investimenti da parte delle imprese.

La diffidenza verso i mercati finanziari coincide, spesso, con il timore dei fondatori di perdere il controllo sulla società. In realtà, gli ambiti di flessibilità introdotti progressivamente dal diritto societario europeo (ad esempio l’esercizio del voto plurimo o maggiorato degli azionisti di controllo) permettono di realizzare un efficace equilibrio tra interessi delle imprese e degli investitori. Si tratta quindi di conoscere gli strumenti disponibili. Qui il Private Banking può svolgere un ruolo rilevante. Basti pensare che oltre il 20% della clientela è rappresentata da imprenditori. La fiducia guadagnata dai private banker e consolidata nel tempo sulla base di scelte finanziarie di investimento ben diversificate può rappresentare, infatti, una solida base per ampliare il grado di conoscenza degli strumenti di finanziamento e di governo societario a disposizione degli imprenditori, strumenti utili per assicurarsi finanziamenti di natura resiliente e anticiclica sui mercati dei capitali.

* Segretario Generale e membro del cda di Aipb