Milano, 21 marzo 2023 – In Italia nel 2023 nei consigli di amministrazione quattro poltrone su dieci sono state occupate da una donna. Una percentuale significativa (40,4%), in netta crescita nell’ultimo decennio e che segna un significativo distacco rispetto alla media dei Paesi europei, fermi al 33,8%, ma anche rispetto alla media globale, dove la percentuale di quote rose nei board si ferma al 23,3%. Ma scalare i vertici è complesso perché è donna solo il 4% degli amministratori delegati e il 6% dei direttori finanziari. In Italia i settori con la più alta percentuale di donne nei CdA sono “Energy and Resources” (45%) e “Financial Services” (42,1%).
È quanto emerge dalla ottava edizione di “Women in the boardroom: A global perspective”, lo studio di Deloitte condotto su oltre 18 mila aziende in 50 Paesi che esplora la rappresentanza delle donne nei CdA.
“In Italia, la quota di posti nei consigli di amministrazione occupati da donne è quasi raddoppiata negli ultimi dieci anni, raggiungendo oltre il 40% nel 2023: si tratta di un significativo progresso in buona parte sostenuto dalla legislazione italiana sulle quote – la cosiddetta legge Golfo-Mosca – e dai requisiti del Codice di Codice di Autodisciplina”, commenta Silvana Perfetti, partner e People & Purpose Leader di Deloitte Consulting. Che aggiunge: “Se è vero che le donne in Italia presiedono i Consigli di amministrazione più spesso che negli altri Paesi europei (22%) e del resto del mondo (8%), è chiaro, d’altra parte, che rimane ancora molto lavoro da fare, soprattutto per quanto riguarda le posizioni di vertice” in quanto nel nostro Paese, infatti, solo il 4% degli amministratori delegati e solo il 6% dei direttori finanziari è donna”.
Intanto, In Italia prosegue il trend di crescita del numero di donne presenti nei CdA: un numero che è progressivamente aumentato, passando dal 29,3% del 2018 al 36,3% del 2021, fino al 40,4% del 2023. Segue la stessa tendenza, anche se con percentuali meno significative, il numero di presidenti di CdA donna, passato dal 18,2% del 2018 al 21,1% del 2021 e arrivato al 22,6% del 2023. Rispetto agli uomini, le donne hanno un’età media più bassa e anche un mandato medio più breve: nel 2023 tra i membri dei board le donne avevano un’età media di 56,1 anni mentre gli uomini avevano, in media, 59,5 anni. La durata media del mandato dei Presidenti dei CdA nel 2023 era di 5,5 anni per le donne e di 7,5 anni per gli uomini.
Il netto aumento della presenza femminile nei board, però, non si è accompagnato a una crescita del numero di donne che ricoprono il ruolo di Ceo e Cfo, che in Italia si ferma rispettivamente al 4% e al 6% – percentuali inferiori sia alla media globale (6% e 17,6%) sia a quella europea (7,3% e 16,6%).
Analizzando la presenza femminile nelle 116 aziende del campione italiano, emerge che i settori che hanno raggiunto le più alte percentuali di donne nei CdA sono “Energy and Resources” e “Financial Services”. Con un rapido avanzamento nell’arco di pochi anni, il settore “Energy and Resources” è passato dal 29,3% del 2018 al 45% del 2023, mentre il comparto del “Financial Services” è passato dal 29,2% del 2018 al 42,1% del 2023. Nel 2023 nel settore “Technology, Media & Telecommunications” le quote rosa sono arrivate al 40,9%, nel “Manufacturing” sono il 40,5%, mentre nel comparto “Consumer Business” la percentuale è arrivata al 39,4%.
Nel 2023 le donne hanno occupato meno di un quarto dei posti nei CdA a livello globale (23,3%): una quota ancora limitata ma che, segna un aumento di 3,6 punti percentuali rispetto al 2022. Inoltre, a livello globale, la percentuale di donne che presiedono un CdA è quasi tre volte inferiore alla percentuale di donne presenti nei CdA, con solo l’8,4% dei board di tutto il mondo presieduti da donne. Quando si tratta dei ruoli esecutivi più alti, poi, la rappresentanza femminile diminuisce ulteriormente: solo il 6% dei Ceo nel mondo sono donne, con un aumento solo dell’1% rispetto al 2022. Al ritmo attuale, la parità globale per gli amministratori delegati non verrebbe raggiunta prima del 2111, ovvero tra quasi 90 anni.
“In diversi Paesi le quote hanno aiutato a spingere in alto l’asticella della rappresentanza femminile minima, ma bisogna ricordare che questi non sono l’unico veicolo di progresso. Ci sono altre iniziative a livello normativo ed associativo, come l’uso di obiettivi e di informativa, che hanno favorito i progressi”, commenta Perfetti. “Ad esempio, nel Regno Unito e in Australia, le donne oggi occupano più di un terzo dei posti nei Board. E anche se non esiste un numero magico di posti nei CdA che un singolo amministratore dovrebbe ricoprire, i dati a livello geografico mostrano che il movimento per aumentare la diversità di genere nei CdA non ha causato un “overboarding” come alcuni avrebbero potuto temere”.