Sabato 27 Luglio 2024
GIULIA PROSPERETTI
Economia

Cambiamento climatico. Il 28% dell'Italia desertificato. Serve un piano nazionale

Lo scenario e le rischieste dell'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile

Con un aumento della temperatura superiore a quello medio e a quello europeo l’Italia è destinata a diventare il ‘laboratorio del riscaldamento globale’ con effetti come bombe d'acqua e siccità. Già oggi il 28% del territorio nazionale mostra evidenti segni di desertificazione, il 94% dei Comuni è a rischio dissesto idrogeologico, il 42% dell’acqua potabile viene disperso dalle reti idriche. È uno scenario allarmante quello tracciato dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) in occasione della presentazione del Policy brief Dieci proposte sul Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, illustrato oggi dal direttore scientifico dell’ASviS Enrico Giovannini e da Antonio Federico, coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sui Goal 7 e 13. Per affrontare le conseguenze della crisi climatica, innescando un’inversione di tendenza, – viene evidenziato nel documento – è necessario adottare subito politiche incisive e coerenti, approvando una legge sul clima e accelerando l’approvazione e l’attuazione del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (Pnacc) su cui è in corso una consultazione pubblica, avviata dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase). “Il Pnacc è uno strumento fondamentale per integrare le politiche nazionali e locali per lo sviluppo sociale ed economico con la tutela dell’ambiente e va approvato il prima possibile”, sottolinea Enrico Giovannini, che evidenzia la necessità di migliorarlo “completando, con un’urgenza rapportata alla gravità della situazione, le analisi di rischio e di vulnerabilità su tutto il territorio nazionale e rendendolo operativo al più presto, evitando rinvii a processi attuativi complessi e lunghi, che svuoterebbero il Piano della necessaria operatività”.

Il Policy Brief illustra concrete raccomandazioni per migliorare il Pnacc, valorizzando le specificità dei territori, delle comunità e delle filiere produttive. Nel dettaglio l’ASviS raccomanda di migliorare il Pnacc definendo una gerarchia delle priorità delle misure di adattamento e prevedendo incentivi per le azioni di delocalizzazione di insediamenti civili e industriali a rischio. Vanno poi privilegiate le soluzioni nature based specialmente nella rigenerazione delle aree urbane, lungo le coste e lungo i percorsi dei fiumi e dei torrenti, e definite meglio le regole, i ruoli e soprattutto le responsabilità della governance del Piano, precisando compiti, responsabilità e finanziamenti delle amministrazioni regionali e locali. Il settore assicurativo andrebbe coinvolto per l’implementazione di politiche di trasferimento del rischio e per la condivisione delle perdite finanziare collegate ai danni climatici, passando da politiche occasionali di risposta a singoli episodi di danni climatici a una strategia pluriennale di anticipazione e gestione del rischio. Va poi aumentata la capacità delle amministrazioni locali di realizzare politiche di adattamento, rafforzata la partecipazione della società civile e delle parti sociali nel disegno delle misure e nell’aggiornamento del Piano, e previsto l’avvio di percorsi di formazione di quadri e di tecnici, soprattutto della pubblica amministrazione, per la lotta ai cambiamenti climatici.

“Per affrontare la crisi climatica – spiega Giovannini – bisogna arrivare al più presto all’approvazione di una Legge per il clima, al pari di quanto fatto da altri Paesi europei, come previsto dalla Legge europea del 2021, indirizzando al meglio gli ingenti finanziamenti nazionali ed europei disponibili, a partire da quelli per le politiche di coesione per il periodo 2021-2027”. Il Pnacc, per Giovannini, va finalizzato il prima possibile, in piena coerenza con il nuovo Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (Pniec), che va predisposto entro giugno. “Le diverse azioni e strategie di lotta e di adattamento alla crisi climatica – aggiunge l’ex ministro – devono essere integrate con tutti gli altri strumenti di pianificazione delle politiche, anche alla luce della recente modifica della Costituzione che introduce tra i principi fondamentali quello della tutela dell'ambiente nell'interesse delle future generazioni. Per questo il Governo deve approvare quanto prima anche la nuova Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile, indispensabile per assicurare la coerenza delle politiche per l'attuazione dell'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile”.

Sul fronte del finanziamento delle misure di adattamento vi sono, tuttavia, delle criticità. Nell’attuale formulazione del Pnacc la questione finanziaria è, infatti, sostanzialmente elusa. "Non sembra – ha spiegato Federico – che il Piano attuale abbia la qualità di saper indirizzare, ordinare e prioritizzare le risorse che saranno comunque insufficienti rispetto alle criticità di cui abbiamo ormai un quadro abbastanza chiaro. Non c’è ancora una traccia dell’orientamento della distribuzione e della gestione dei fondi. E forse c’è anche una sorta di scetticismo o di rassegnazione all’inevitabile. Un tipo di atteggiamento che ha provocato gravi danni sia per la questione sismica e che li sta provocando sia per la questione climatica. E non possiamo stare con le mani in mano”. Se, senza una governance efficiente, si rischia di sprecare i soldi, per Giovannini una strada è quella “di introdurre in tutti gli investimenti una valutazione del rischio del cambiamento climatico orientando gli investimenti anche ordinari all’adattamento”. Una soluzione già perseguita nel contratto con Rete ferroviaria italiana in cui, per la prima volta, è stato dato circa un miliardo a RFI per mettere in sicurezza l’infrastruttura rispetto ai cambiamenti climatici.