Roma, 9 agosto 2024 – «Acquistiamo gli smartphone per fotografare il cibo che poi non mangiamo, evidentemente". Il professor Andrea Segrè, docente di economia circolare e politiche per lo sviluppo sostenibile all’Università di Bologna, se la cava all’inizio con una battuta per commentare il dossier di Confcommercio sui consumi che dice che la spesa per i cellulari è aumentata del 6.500% e quella per alimentari è diminuita del 10%. Poi però torna serio: "In realtà i numeri colpiscono soprattutto per il cibo. Così come è significativo che anche per la ristorazione non abbiamo raggiunto i livelli pre-pandemia. E che secondo i dati del nostro Osservatorio Waste Watcher lo spreco domestico è in aumento. Dall’altro lato va segnalato un peggioramento anche qualitativo degli alimenti che si acquistano e poi si mangiano".
E questo come mai accade?
"In primo luogo c’è il problema dell’inflazione e della diminuzione del potere di acquisto. Questo va a riflettersi sulla dignità e sulla salute. Non è un caso che parallelamente siano aumentati il sovrappeso, l’obesità e le malattie collegate. Vorrei poi segnalare che da noi parliamo spesso di quella mediterranea come di una dieta equilibrata e salutare, ma gli italiani se ne stanno progressivamente allontanando. E questi numeri ne sono la prova".
Oltre agli alimentari sono in calo anche le spese per abbigliamento (-3,9%), mobili ed elettrodomestici (-3,5%). Cosa lega questi settori?
"Evidentemente i consumatori riducono dove possono perché diminuisce la capacità di spesa. E in questa ottica tagliano gli elettrodomestici e l’abbigliamento, così come qualche altra spesa, il che ha un senso perché non è indispensabile. Ma il mangiare no".
Perché?
"Perché bisognerebbe mangiare bene a colazione, a pranzo e a cena. Anzi, i nutrizionisti aggiungono anche due spuntini. Comprimere quel consumo abbassandone la qualità ha un impatto sulla salute, mentre un vestito se si mette due anni o tre non cambia nulla. Invece non si rinuncia allo smartphone: si preferisce fotografare un alimento e metterlo su un social – lo fanno in tantissimi, non capisco quale gusto si provi – e di questo ci si sfama come se fosse un cibo virtuale".
Come un simbolo.
"O un totem. E questo è un indicatore forte. Vuol dire che per noi è più importante far vedere quello che mangiamo rispetto a quello che succede alla nostra salute. Il rapporto Confcommercio ci fornisce un segnale di come è messa la nostra società. Ovvero non molto bene, mi viene da dire".
Lei è l’ideatore della campagna Spreco Zero. Quanto influiscono queste iniziative sul totale della popolazione? Possono essere anche queste collegate al calo dei consumi di alcuni prodotti?
"Assolutamente no. Non vogliamo ridurre i consumi ma riqualificarli. Il significato è "Consuma quanto ti serve e il meglio che c’è". La nostra campagna vuole stimolare un consumo consapevole e responsabile, con un impatto positivo anche sull’ambiente. Vogliamo una dieta sana e sostenibile. Non riduciamo a zero i consumi. Riduciamo a zero gli sprechi".