di Sofia
Ventura
Zelensky è decollato dalla Polonia per chiedere a Washington nuovi aiuti: "Abbiamo l’artiglieria. Sì. Vi ringrazio. È abbastanza? Onestamente, non proprio", ha dichiarato davanti al Congresso riunito mercoledì sera per ascoltarlo.
"Per assicurare che Bakhmut non sia solo un bastione per contenere l’esercito russo, ma per far sì che l’esercito russo si ritiri completamente – ha proseguito – sono necessari più cannoni e proiettili".
Bakhmut, nel Donetsk, è citata ben otto volte. Il presidente ucraino ha, infatti, drammatizzato il suo viaggio facendolo precedere da una visita al fronte. E ha recato con sé una bandiera ucraina dall’alto valore simbolico: "Mi hanno chiesto di portare questa bandiera al Congresso statunitense (…) le cui decisioni possono salvare milioni di vite". È soprattutto del Congresso, con alcuni Repubblicani scettici verso la prosecuzione degli aiuti, che deve assicurarsi il sostegno. Ha narrato la tragedia del suo popolo e al tempo stesso la sua determinazione.
"Vittoria", ripete più volte. Una vittoria comune, insieme a europei e americani, che già è stata raggiunta, afferma, nella "battaglia per le menti, nel mondo", contro la Russia. Quella battaglia che abile comunicatore ha immediatamente intrapreso dal momento in cui ha deciso di rimanere al fianco del suo popolo.
In altre occasioni, nei suoi collegamenti con alcuni parlamenti nazionali, le sue richieste di aiuti avevano spesso preso la forma del rimprovero. Non in questo caso. Davanti al Congresso ha soprattutto richiamato la lotta per la "libertà".
"La nostra comune libertà", perché il presidente dell’Ucraina vuole convincere il mondo e soprattutto chi più di tutti può aiutarlo, l’America, che la sfida lanciata dalla "guerra criminale" della Russia è una sfida all’ordine internazionale e alla libertà di tutti. E così richiama il grande nemico degli Stati Uniti, l’Iran, i cui droni oggi distruggono le infrastrutture del suo Paese e che nei fatti è divenuto alleato della guerra "genocidaria" russa.
Ecco, allora, che "our" and "your" sono tra le parole chiave del discorso tenuto al Congresso americano. Il nostro e il vostro popolo, la nostra e la vostra forza, la nostra e la vostra conquista della libertà. Noi, le democrazie, loro le tirannie. Ed evoca quindi, la Seconda Guerra mondiale, l’offensiva delle Ardenne, quando la tirannia di allora "lanciava ogni cosa avesse a disposizione contro il mondo libero", come fa contro il popolo ucraino la tirannia di oggi.
Vestito con la sua ormai iconica ‘divisa’ verde militare, Zelensky ha portato la sua richiesta mostrando emozione e al tempo stesso gravità. Un corpo composto, la voce roca, l’indice della mano ad aiutarlo a seguire il testo letto in un inglese un po’ esitante, ma con tono deciso, lo sguardo severo.
Una tensione che esprimeva l’urgenza del momento e non il compiacimento per essere di fronte al parlamento della più antica democrazia dell’epoca moderna.
Un parlamento che gli ha espresso, comunque, la sua ammirazione con una lunga ovazione iniziale e continui applausi. Di Churchill, che anche lui si recò al Congresso, nel dicembre 1941, Kennedy disse: "Ha mobilitato la lingua inglese e l’ha mandata in battaglia". Zelensky ha mobilitato le sue doti di performer. Per la libertà dell’Ucraina.