Mercoledì 24 Aprile 2024

I vescovi si confessano: “Rischiamo di essere irrilevanti nella storia e nella vita delle persone”

L’analisi del presidente Zuppi in apertura dei lavori dell’assemblea generale. Dal cardinale la denuncia del precariato e dei costi troppo alti delle case. E su natalità e accoglienza rilancia il Papa: “Non sono in contrapposizione”

Il rischio di "essere irrilevanti nella vita di troppi e nella storia" funge da pungolo alla Chiesa per non cedere alla tentazione identitaria (e gnostica) del “pochi ma puri" e per accelerare il passo al fianco dell’umanità secolarizzata.

Anche a costo di conferire un taglio più squisitamente politico-sociale al messaggio ecclesiale, denunciando a chiare lettere, come all’origine delle crisi della famiglia e della natalità, temi di stretta e concreta attualità quali il precariato, “il lavoro povero” e “il bisogno di casa a costi accessibili”. Da aggiungersi, stavolta senza se e senza ma, a quel pressing ideologico teso ad equiparare le convivenze all’istituto famigliare.

Bussola del nuovo corso della Conferenza episcopale italiana è la prima prolusione in assemblea generale del cardinale Matteo Zuppi, lo scorso anno nominato dal Papa al vertice dei vescovi sulla base di una terna uscita dal voto dei prelati. Un intervento a tutto campo quello pronunciato oggi in Vaticano dall'arcivescovo di Bologna, dalla guerra in Ucraina, al rinnovato impegno nella prevenzione e nel contrasto alla piaga degli abusi, fino all'accoglienza dei migranti. Ampio anche lo spazio dedicato al faticoso Cammino sinodale della Chiesa italiana che quest'anno si concentra sul discernimento delle proposte arrivate dalla base. E che offre a Zuppi l’occasione per invocare, prendendo proprio spunto dalla condizione attuale dell’istituzione cattolica, una capacità di “abbattere i muri dell’abitudine” ed entrare “in relazione con il popolo numeroso delle nostre città”. Mano tesa ed ascolto di una pluralità di voci sono dunque gli strumenti di una conversione pastorale, che viene da lontano, dalla costituzione Gaudium et spes del Vaticano II, ma che mai come oggi si è resa così urgente, sempre che la Chiesa non intenda rassegnarsi all’irrilevanza sociale.

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Designato dal Papa a capo della missione diplomatica vaticana in Ucraina, il cardinale sul conflitto, che insanguina da oltre un anno l’Europa, parla di "una cultura di pace da generare e fortificare" in un'epoca nella quale "tornano a ruggire i nazionalismi" e si è perso l'entusiasmo per l'edificazione di una comunità internazionale stabile e pacificata. Tuttavia pregare e auspicare “sforzi creativi” per silenziare le armi, mette in guardia l’arcivescovo – quasi a rigettare, una volta di più, le accuse alla Chiesa di non aver condannato abbastanza l'aggressione di Mosca –, non significa "evitare di schierarsi o di non riconoscere le responsabilità".

Se ieri papa Bergoglio, durante l’incontro a porte chiuse con i vescovi italiani riuniti in assise, ha speso parole di gratitudine nei confronti delle diocesi per l'ospitalità data ai profughi ucraini, Zuppi torna ad insistere sul valore cristiano del sostegno ai migranti. Il suo è un monito a scongiurare qualsiasi dualismo tra l’allarme per l’inverno demografico e la spinta a non lasciare morire in mare chi fugge da guerre e povertà. "Natalità e accoglienza non si oppongono – è la sintesi -, ma si completano e nascono dal desiderio di guardare al futuro'. Sono le stesse, identiche parole spese dal Papa agli Stati generali della natalità la scorsa settimana, a dimostrazione dell’impegno della Chiesa italiana nel mettersi in scia al messaggio di Francesco. Con convinzione e senza più l’esitazione che l’ha contraddistinta nel primo decennio bergogliano.