Vaccini agli over 80, protetto solo il 39% E perfino nelle Rsa c’è chi aspetta ancora

Il generale Figliuolo: entro fine mese immunizzati tutti gli ultraottantenni. In arrivo 1,5 milioni di sieri, c’è anche Johnson & Johnson

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di Giulia Prosperetti

Cambia in corsa il piano vaccinale, ma l’impressione è che il governo navighi a vista. L’orizzonte della nuova strategia annunciata dal presidente del Consiglio Mario Draghi, per il momento, è fissato a fine aprile, da maggio in poi le Regioni brancolano nel buio. La linea del premier – tradotta nell’ordinanza firmata venerdì sera dal commissario per l’emergenza Covid-19 Francesco Paolo Figliuolo – punta a ridurre il rischio di morte nelle classi più esposte destinando, prioritariamente, le fiale attualmente disponibili alle persone di età superiore agli 80 anni. Entro la fine di marzo, in base alle indicazioni della Commissione europea, gli Stati membri avrebbero dovuto vaccinare l’80% della popolazione di questa fascia d’età ma in Italia tale traguardo è ancora ben lontano.

Secondo i dati contenuti nell’ultimo rapporto del governo sui vaccini anti-Covid, a poco più di tre mesi dall’inizio della campagna l’Italia ha vaccinato con entrambe le dosi solo il 38,79% dei 4,5 milioni di ultraottantenni presenti nel nostro Paese, mentre la prima dose è stata somministrata al 68,20%. Non va meglio per la fascia dei settantenni dove le percentuali calano drasticamente. Solo il 2,50% della popolazione tra i 70 e i 79 anni – categoria che in ordine di priorità viene dopo over 80 e fragili – è stato immunizzato anche con il richiamo e solo il 19,89% ha avuto la prima dose. Addirittura nelle Rsa c’è ancora chi aspetta di essere del tutto al sicuro (un buon 24,5% attende ancora la seconda iniezione).

Nelle previsioni dell’esecutivo le dosi dei vaccini di cui l’Italia dispone per aprile sono sufficienti a vaccinare tutta la popolazione che ha più di ottant’anni e gran parte degli over 75. Il ritmo confermato è quello di 500mila somministrazioni al giorno ma la rimodulazione del piano pone più di un interrogativo. Alla luce dei ritardi negli approvvigionamenti dei vaccini che continuano a caratterizzare la campagna vaccinale diventa ora cruciale capire come compensare il mancato utilizzo del siero di Astrazeneca ‘Vaxzevria’ la cui somministrazione, in base alle ultime indicazioni dell’Aifa richiamate nell’ordinanza del generale Figliuolo, è circoscritta alla fascia di età tra i 60 e i 79 anni.

E questo senza contare la percentuale di rinunce derivanti dalle indicazioni contrastanti che hanno caratterizzato questo farmaco (soprattutto al sud). Per immunizzare con due dosi il 70% della popolazione italiana – obiettivo che, con 15 milioni di inoculazioni al mese, il governo punta a raggiungere entro agosto – sono necessarie 84.342.495 di dosi. Stando alle stime del ministero della Salute sulla base degli acquisti della Ue (di cui all’Italia spetta il 13,46%) nel corso del terzo trimestre nel nostro Paese ne dovrebbero arrivare oltre 52 milioni, la maggior parte (circa 21 milioni) targate Pfizer.

A queste, da aprile a giugno, si aggiungono 10 milioni di dosi Astrazeneca; 7,3 milioni di vaccini Johnson & Johnson; 4,6 milioni di dosi Moderna; e 7,3 milioni del nuovo Curevac. Ma i rumor su possibili tagli alle consegne si rincorrono da settimane e in Italia, attualmente, rimangono circa 2,5 milioni di dosi, poco più di quante sono state somministrate negli ultimi sette giorni. AstraZeneca ha già fatto sapere che questa settimana verranno ritardate metà delle consegne all’Ue.

All’Italia la prossima settimana dovrebbero arrivare circa 175mila dosi del vaccino della multinazionale anglo-svedese, oltre a un milione di Pfizer, 184mila di Johnson & Johnson (circa 500 mila attese entro aprile) e un’altra quota di Moderna. Per un totale di almeno 1,5 milioni di dosi. In sostanza se la road map delle vaccinazioni di aprile sembra certa (over 80, fragili, personale sanitario e sociosanitario ‘in prima linea nella diagnosi, nel trattamento e nella cura del Covid-19’, e seconde dosi alle categorie non più prioritarie) manca la programmazione sull’arrivo delle dosi di maggio, una circostanza che – come sottolineato ieri dalla vicepresidente della Regione Lombardia, Letizia Moratti – "non permette ancora di pianificare le fasi".

Se fino a qualche mese fa per le vaccinazioni di massa si puntava su Astrazeneca (di cui l’Italia ha ordinato in totale oltre 40 milioni di dosi), centellinando Pfizer e Moderna, adesso il governo deve riuscire a garantire un numero sufficiente degli altri vaccini. In tale scenario è di pochi giorni fa l’indiscrezione su una presunta trattativa tra il premier Draghi e la casa farmaceutica statunitense Moderna per avere dosi extra di vaccino rispetto a quelle già previste. Le rassicurazioni dell’esecutivo si scontrano, ora, con l’allarme lanciato dalle Regioni ben consapevoli che una carenza di scorte potrebbe comportare mesi di ritardo nel piano di vaccinazioni con gravi conseguenze sul piano sanitario ed economico. Un’eventualità, quest’ultima, che potrebbe, in extrema ratio, portare a non rispettare le raccomandazioni del governo.