Fine pena mai. Jawad Hicham (foto a destra) paga con l’ergastolo il doppio femminicidio di aprile. Il marocchino di 38 anni uccise con quasi trenta coltellate compagna e suocera dopo un litigio iniziato con uno scambio di messaggi su WhatsApp. La sentenza è stata pronunciata ieri dalla corte d’Assise presieduta dalla giudice Annamaria Loprete. Nell’udienza il pm Marco Dioni aveva chiesto la pena massima: ergastolo per omicidio volontario con l’aggravante del vincolo parentale. La difesa dell’uomo, aveva chiesto invece la concessione delle attenuanti generiche e lo sconto di un terzo della pena. Hicham uccise a coltellate Sara Ruschi, 35 anni e la mamma di lei Brunetta Ridolfi, 76 anni, in un appartamento poco fuori dalle mura del centro di Arezzo nella notte tra il 12 e il 13 aprile scorso. Un duplice delitto che si consumò di fronte ai figli della coppia, una bimba di 2 anni e un ragazzo di 16. Dopo appena un’ora di camera di consiglio, la corte ha pronunciato la sentenza.
"Pensavo che avrebbero dato una pena più bassa, di pochi anni, ma finalmente quello che avevamo sperato per mesi è accaduto ed è un sollievo" ha detto subito dopo il verdetto il figlio, oggi diciassettenne, di Jawad Hicham e Sara Ruschi. Il ragazzo ha seguito tutte le udienze del processo: ieri era in aula alla lettura della sentenza con il nonno e gli zii materni.
Secondo quanto emerso la furia dell’uomo scoppiò dopo una serie di messaggi con la moglie, che era in un’altra stanza della casa, e degenerati in offese. Una ventina le coltellate inferte alla donna, tre quelle alla madre di Sara Bruschi che viveva con loro e sarebbe intervenuta in difesa della figlia. L’omicida uscì in strada e da una cabina telefonica, chiamò la polizia. La difesa di Hicham aveva chiesto la perizia psichiatrica, istanza rigettata dalla corte. Oltre all’ergastolo è previsto un anno di isolamento e una provvisionale complessiva di 450 mila euro a favore dei parenti delle vittime.
Federico D’Ascoli