Alessandro Impagnatiello, il barman dell’Armani cafè che ha ucciso con 37 coltellate la compagna Giulia Tramontano in attesa di suo figlio Thiago, in aula alla seconda udienza del processo che lo inchioda alla responsabilità di un omicidio orrendo, ha alzato e sbarrato gli occhi in un solo momento, quando è stata mostrata l’immagine di come è stato ritrovato il corpo di Giulia. Anzi, di come lui ha ridotto il corpo della madre di suo figlio, riconosciuta soltanto da un lembo di pelle tatuato sul braccio sinistro. Poi, per tutte le cinque ore di udienza, si è ripiegato su se stesso tremando e singhiozzando.
Il cadavere, nelle immagini proiettate in aula, era quasi completamente carbonizzato e avvolto solo in parte da due sacchetti gialli della spazzatura, abbandonato tra i topi e le sterpaglie a poche centinaia di metri dalla casa che per un anno e mezzo avevano condiviso come coppia. Dalle testimonianze che, in udienza, hanno ripercorso i momenti delle ricerche di Giulia dopo la denuncia di scomparsa e le modalità dei sopralluoghi dei carabinieri della squadra omicidi è emerso che Impagnatiello per due volte ha tentato di bruciare il corpo di Giulia, dopo averlo massacrato con 37 coltellate. Il primo tentativo è avvenuto nel bagno del loro appartamento a Senago, il secondo nel garage. Dopo aver ucciso Giulia, infatti, il barman ha trascinato il corpo nella vasca da bagno e lo ha incendiato perché "volevo che lei scomparisse, che non ci fosse più alcuna traccia di lei e del bambino", ha detto al momento della confessione. Ma quando si accorge che, oltre alla vasca, anche tutte le piastrelle del bagno erano state rovinate dalle fiamme, trasporta il cadavere nel garage e lì tenta di dargli fuoco un’altra volta. Poi quando della madre di suo figlio non resta quasi nulla, butta il corpo tra l’erba alta, non troppo distante da alcuni sacchi di immondizia. In aula, durante la testimonianza del maresciallo Pasquale Alfieri, sono state lette alcune ricerche effettuate sul web dall’assassino già a dicembre, il delitto è avvenuto cinque mesi dopo, il 27 maggio. Impagnatiello sul suo smartphone in almeno tre occasioni le parole digita: "veleno per topo incinta", "veleno per gravidanza", "veleno per uomo". Il 7 gennaio un’altra ricerca ancora più esplicita: "Quanto veleno per topi è necessario per uccidere una persona". Tra l’altro, Impagnatiello avrebbe effettuato una ricerca sul web "rimuovere macchie di sangue" addirittura mentre si trovava negli uffici del Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano per far analizzare con il luminol la sua auto Volkswagen T-Roc. esattamente il 31 maggio. Il maresciallo della stazione di Senago racconterà che entrando nella casa teatro del delitto aveva sentito un forte odore di benzina, in parte coperto da un profumo di lavanda. Impagnatiello racconterà da subito una storia inverosimile: "Al lavoro ricevo molte mance e i questi soldi in nero li spendo in benzina. A volte la benzina supera l’importo e straborda ovunque anche sul mio zaino". In realtà la benzina gli era servita per bruciare il corpo di Giulia.
In aula è stata ascoltata una vicina di casa che ha raccontato come abbia sentito una lite e la mamma di Thiago urlare, "la lite – ha spiegato la vicina – è durata forse due minuti, poi più nulla, il silenzio". È in quel momento che Giulia deve essere stata uccisa, in soggiorno, la prima coltellata sferrata da dietro, diranno le indagini e poi le altre 36.