Giovedì 6 Marzo 2025
NINO FEMIANI
Cronaca

Travolta e uccisa in kayak. L’avvocato indagato:: "In cinque sul mio yacht, nessuno ha sentito nulla"

Il legale è accusato di aver speronato la canoa: se è così, pronto a risponderne "Abbiamo visto un ragazzo che sbracciava e lo abbiamo soccorso". L’imbarcazione (sequestrata) è di proprietà del padre, noto legale napoletano.

Travolta e uccisa in kayak. L’avvocato indagato:: "In cinque sul mio yacht, nessuno ha sentito nulla"

Dice che non si è accorto di nulla, che non ha sentito alcun rumore o il frastuono di un urto. Racconta che è tornato indietro, in quel braccio di mare di Posillipo, a poco meno di 500 metri da Villa Rosebery, la residenza della presidenza della Repubblica, perché uno dei cinque ospiti a bordo della sua barca – un Vega di 18 metri – gli aveva detto che aveva notato un ragazzo sbracciarsi e chiedere aiuto. Che, infine, anche al momento di soccorrere il naufrago e sentire la storia del suo speronamento non gli è passato affatto in mente che potesse essere stato lui a urtare quel kayak e a causare la morte di Cristina Frazzica, 31 anni deceduta nel pomeriggio di domenica scorsa.

Lui, Guido Furgiuele, 48 anni, avvocato napoletano di ottima reputazione e figlio di Alfonso, uno dei più importanti e noti penalisti della città (ha difeso Di Lorenzo, Mastella e Cesaro), non si capacita. In poco meno di 48 ore è passato dal ruolo di soccorritore a quello di indagato. Non riesce ancora a spiegare quello che è successo intorno alle 17.30 di domenica quando la sua imbarcazione, al largo della baia di Trentaremi, ha travolto Cristina, forse straziandola con le eliche. "Il ragazzo soccorso (l’amico di Cristina, Vincenzo Carmine Leone, ndr) mi ha detto che la ragazza era stata investita da un motoscafo velocissimo ed ero convinto, come tutti gli altri a bordo (che saranno ascoltati nelle prossime ore, ndr), che non fosse la mia barca". E poi? "Poi ho dato l’allarme. Ho contattato io stesso la Capitaneria di porto dicendo che c’era stato un incidente e che in mare c’era una ragazza dispersa".

Non cerca scusanti, anche se dovrà spiegare in modo convincente questa ‘navetta’, questo suo andare al largo e poi tornare indietro: "Sono sconvolto. Al timone dell’imbarcazione c’ero io. Se la ragazza è finita sotto la mia barca, me ne assumerò tutte le responsabilità, come ho già dichiarato al pubblico ministero", dichiara. Furgiuele risulta indagato per omicidio colposo e omissione di soccorso, l’imbarcazione (che è di proprietà del padre che lo ha accompagnato in procura davanti al pm Toscano) è sotto sequestro e ora bisognerà attendere i risultati dell’autopsia per capire se Cristina è morta sul colpo per le ferite dovute all’impatto o per annegamento (ma la giovane biotecnologa, appassionata di mare, sapeva nuotare e quindi l’annegamento potrebbe essere causa dello stordimento dovuto all’urto e della perdita dei sensi).

Non è un dato da poco, il risultato dell’autopsia. Perché, se la ragazza non è morta sul colpo, occorrerà interrogarsi sul perché i soccorsi sono stati chiamati pigramente, dopo oltre mezzora. Un ritardo che impegnerà la procura di Napoli a capire se Cristina potesse essere salvata e perché il suo compagno di kayak, Vincenzo Carmine Leone anche lui avvocato, non ha riferito ai soccorritori che Cristina era in acqua, viva o morta. "Ero sotto choc", ha detto. "Avevamo deciso di fare un giro in kayak, eravamo fermi quando ci è piombato addosso un bolide di cui sono riuscito a vedere solo la prua blu. Mi sono tuffato cercando di andare più sotto possibile, quando sono riemerso non ho più visto Cristina".