Martedì 16 Aprile 2024

Sui compensi l’indignazione a gettone

Raffaele

Marmo

indignazione a gettone, per la cancellazione del tetto agli stipendi dei grand commis, da parte dei leader dei partiti, di mezzo governo e dei sepolcri imbiancati del ministero dell’Economia e della Ragioneria dello Stato, con tanto di reciproco scaricabarile, è degna di una pochade da fine Impero.

È proprio di chi ha davvero perso il rapporto con la realtà tentare il blitz per far lievitare verso l’alto le retribuzioni dei massimi dirigenti dello Stato a legislatura sciolta e, soprattutto, di fronte a una drammatica impennata dei prezzi che sta falcidiando il potere d’acquisto di salari e redditi. Ma come si può anche solo immaginare di proporre un intervento di questa natura a dieci giorni dal voto in un Paese nel quale milioni di famiglie sono costrette a stringere la cinghia per arrivare a fine mese e migliaia di imprese devono fare i conti ogni giorno con costi arrivati a livelli esponenziali?

Quella che, però, risulta, se possibile, ancora più stucchevole, incredibile e ipocrita è la reazione di leader politici e gran commis. I capi dei partiti (Pd, Italia Viva e Forza Italia) che hanno votato la nuova regola sono stati i primi a mostrarsi scandalizzati. Dal Ministero dell’Economia è arrivato un farisaico comunicato nel quale si parla di "riformulazione tecnica" della proposta senza nessuna puntualizzazione. Eppure, l’occhiuta Ragioneria dello Stato, pronta a cancellare, anche oltre le proprie funzioni, ogni misura di spesa non coperta, in questo caso ha dato una mano a trovare le risorse. Peccato, però, che tra i potenziali beneficiati dell’aumento ci sarebbe o ci sarebbe stato anche lo stesso Ragioniere generale dello Stato. Ma tant’è.

Si comprende, dunque, come, in mezzo a tanti finti scandalizzati e veri ipocriti, Mario Draghi si sia dimostrato, ancora una volta, più "politico" di tutti: la sua sincera irritazione dà il segno di un rapporto genuino e vivo con il Paese e i suoi umori profondi.