Giovedì 2 Maggio 2024

Strage via D’Amelio, le carte segrete degli 007 Usa: "Mafia infiltrata a tutti i livelli"

Il libro dello storico Spiri rivela le prime reazioni di Washington dopo la strage del 19 luglio 1992: "Agenti in rivolta, non vogliono fare i martiri. L’Fbi ha fornito aiuto, ma non c’è collaborazione"

Nella strage di Via D’Amelio morirono il giudice Borsellino e 5 agenti della scorta

Nella strage di Via D’Amelio morirono il giudice Borsellino e 5 agenti della scorta

Roma, 18 luglio 2022 - Domenica 19 luglio 1992, un cablogramma "urgente" corre lungo il canale diplomatico che unisce Roma e Washington. Il documento porta la firma dell’ambasciatore statunitense in Italia, Peter Secchia, ed è indirizzato al presidente George H.W. Bush e al segretario di Stato James Baker. Il titolo riflette il dramma che si è abbattuto sulla penisola: "Another anti-mafia Judge assassinated".

In quelle stesse ore, dalla Sicilia, anche il console Richard Mann trasmette le sue informative sull’altra sponda dell’Atlantico: "Secondo le dichiarazioni rese da un pentito che sta collaborando con gli inquirenti", Paolo Borsellino era stato identificato come "il principale obiettivo" del boss Totò Riina "poco prima che saltasse in aria Giovanni Falcone". La sua è una fine annunciata, sembra voler suggerire il diplomatico, le cui considerazioni fanno il paio con un interrogativo polemico che si leva nelle stanze dell’Ambasciata di via Veneto: "Dove sono finiti i decreti antimafia varati dal governo Andreotti all’inizio del mese di giugno?".

L’atmosfera a Palermo – raccontano gli uomini della diplomazia a stelle e strisce – si è fatta "eccezionalmente pesante". Dopo il sacrificio di tre poliziotti a Capaci, la morte adesso di altri cinque agenti di sicurezza, "fra i quali una ragazza di appena 24 anni", Emanuela Loi, "ha scatenato una rivolta tra le file del reparto scorte" e "per protesta si è deciso di non garantire ulteriori servizi, visti come inutile spreco di vite" a fronte dell’"impossibilità di proteggersi da attacchi simili". Dalla Casa Bianca, nel frattempo, giungono conferme sulla disponibilità del governo statunitense a fornire "ogni tipo di assistenza e cooperazione nelle indagini" per risalire ai mandanti e agli esecutori dell’attentato: "Una squadra investigativa speciale è pronta a partire da Washington quando l’Italia lo riterrà opportuno", assicura Secchia, conversando con gli interlocutori istituzionali a Roma. E una richiesta verbale di sostegno giunge pure dal nuovo procuratore capo di Caltanissetta, Giovanni Tinebra, incaricato di indagare sulle morti di Falcone e Borsellino: "Mi ha confidato di essere sotto pressione, spera in un ausilio dell’FBI nel procedimento investigativo", riferisce il console Mann.

L’ultimo massacro dei corleonesi ha colpito l’uomo che per gli americani rappresentava "il nuovo simbolo della speranza", ha sconvolto i cittadini che non trattengono più la "rabbia": sono il governo e il sistema politico "che la gente valuta nel loro fallimento", avvertono i funzionari del Dipartimento di Stato USA, a giudizio dei quali, però, "fatica purtroppo a farsi largo l’idea che i siciliani stessi abbiano aiutato la mafia a perpetuarsi".

A tutto ciò si aggiungono i malumori degli agenti federali che, atterrati nella penisola, lamentano una mancanza di coinvolgimento da parte dei colleghi italiani: "L’FBI ha consegnato alla Polizia una copia del suo rapporto preliminare sugli accertamenti tecnici effettuati, ma non ha ricevuto dalla controparte alcun fascicolo sulle piste che vengono seguite, malgrado politici e giornalisti stiano speculando sul minimo indizio", annota il vicecapo missione a Roma, Daniel Serwer. Nel luglio del 1992 la reputazione internazionale dell’Italia è dunque "ulteriormente scalfita", agli occhi del senior partner d’oltreoceano il Paese vive un momento di "caos totale". Nei report dell’Ambasciata e delle sedi consolari trova spazio la preoccupazione dei magistrati e dei poliziotti impegnati in prima linea sul fronte: nel capoluogo siciliano si dà conto del malessere di Alfredo Morvillo, fratello della moglie di Falcone, e del passo indietro di due sostituti procuratori; a Napoli si dipinge "un quadro desolante" in termini di pervasività delle infiltrazioni illecite e si mette addirittura in discussione l’"effettiva volontà dei politici di combattere il crimine organizzato"; a Milano si registra l’esasperazione dei poliziotti, che "vogliono compiere il proprio dovere, ma non diventare martiri".

Eppure, con il trascorrere dei giorni, gli americani maturano la convinzione che la strage di via D’Amelio rappresenti davvero uno spartiacque, quantomeno in termini di coscienza civica: "C’è un nuovo sussulto della gente contro la mafia, simile a quello che negli anni Settanta ha preceduto il grande sforzo del governo – coronato da successo – contro le Brigate Rosse. La mafia ora è vista come ’una cosa a parte’, una ’piovra’ che va eliminata per consentire al Paese di andare avanti".