Lunedì 29 Aprile 2024

Strage di via Palestro, Brusca: "La mafia voleva riempire le spiagge di siringhe infette"

Il collaboratore di giustizia è stato ascoltato come teste a Milano nel processo a carico di Filippo Marcello Tutino, ritenuto il basista della strage di via Palestro, del 26 luglio 1993

Il pm Paolo Storari in un'udienza del processo per strage di via Palestro a Tutino

Il pm Paolo Storari in un'udienza del processo per strage di via Palestro a Tutino

Milano, 20 gennaio 2015 -  Dopo la strage di Capaci Cosa Nostra progettò altri attentati per «fare un ricatto verso lo Stato e ottenere benefici». Lo ha spiegato oggi il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca, negli anni '90 reggente del mandamento di San Giuseppe Iato  considerato il mandante e l'esecutore della strage di Capaci del 23 maggio 1992 in cui rimasero ucciso il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta, ascoltato come teste a Milano nel processo a carico di Filippo Marcello Tutino, ritenuto il basista della strage di via Palestro, del 26 luglio 1993, quando un'autobomba esplose davanti al Padiglione d'Arte Contemporanea uccidendo cinque persone.

L'obiettivo degli attentati, secondo Brusca, era quello di «ottenere i benefici contenuti nel cosiddetto 'papello' e fermare i maltrattamenti nelle carceri di Pianosa e dell'Asinara» nei confronti degli affiliati a Cosa Nostra.  "Dopo Capaci - ha detto Brusca, ascoltato in videoconferenza - Cosa Nostra decise di cambiare strategia" e di colpire "non più magistrati, ma monumenti e musei". Nuovi obiettivi, appunto, come le bombe piazzate in via dei Georgofili a Firenze, vicino alla Galleria degli Uffizi, e in Via Palestro a Milano. "Avevano programmato - ha assicurato, tra l'altro, il collaboratore di giustizia - un attentato alla Torre di Pisa". Non solo: intenzione della mafia era anche "mettere siringhe infettate di Aids sulla spiaggia di Rimini". Dopo l'arresto del boss Totò Riina nel 1993, secondo quanto ha riferito Brusca, la strategia stragista venne "portata avanti da Leoluca Bagarella". Secondo il collaboratore di giustizia, a 'suggerira' il cambio di strategia, colpendo non più le istituzioni ma il patrimonio artistico italiano, sarebbe stato l'ex estremista di destra Paolo Bellini. "Sospettavamo che Bellini facesse parte dei servizi segreti, abbiamo scoperto che aveva contatti con i carabinieri", ha spiegato Brusca rispondendo alle domande del difensore di Tutino, l'avvocato Flavio Sinatra.

Oggi sono stati ascoltati come testi altri collaboratori di giustizia, come Gioacchino La Barbera e Baldassarre Di Maggio. "Bellini diceva di avere contatti con un generale dei carabinieri - ha riferito La Barbera - che in cambio dell'aiuto per recuperare alcune opere d'arte rubate in Sicilia, avrebbe potuto fare dei favori ai detenuti". Per avere "maggior potere di trattativa con lo Stato", Bellini avrebbe quindi "suggerito di dare un segnale" attraverso attentati a musei e chiese. L'udienza è stata rinviata al prossimo 24 febbraio, quando verranno ascoltati gli ultimi testi, tra cui Paolo Bellini. Il 24 marzo è prevista invece la requisitoria del pm milanese Paolo Storari.