La strada che dal centro di Kerman porta al Golzar Shohada il ’giardino dei martiri’, il cimitero dove è seppellito il generale Qassem Soleimani assieme ad altri 1.024 ’eroi della rivoluzione islamica’, era piena di gente che andava a commemorare il quarto anniversario della morte dell’alto ufficiale, ucciso da un drone americano in Iraq. Alle 15 ora locale, le 12.30 in Italia, a settecento mentri dalla tomba, una fortissima esplosione ha investito in pieno il flusso di persone. L’ordigno, secondo la polizia piazzato in un borsone o in una valigia, era pieno di esplosivo e di bulloni di ferro: ha fatto strage. Una quindicina di minuti dopo, trecento metri più in là, una seconda più potente esplosione ha fatto ancora più danni. Complessivamente le vittime sono, secondo il bilancio fatto a sera dall’agenzia iraniana Fars, almeno 188, mentre i feriti sarebbero tra 120. Secondo un secondo conteggio del ministero della Sanità, i morti sarebbero invece 95.
Le autorità iraniane parlano di "attacco terroristico" – finora non rivendicato – ma si astengono dall’individuare esplicitamente un colpevole. La Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, ha assicurato "una dura risposta" all’attacco: "I nemici – ha detto in un messaggio alla nazione – dovrebbero sapere che i responsabili di questa tragedia riceveranno una dura risposta". Il presidente Ebrahim Raisi ha affermato che "i colpevoli saranno presto identificati e puniti" e che "i nemici della nazione devono sapere che queste azioni non potranno mai spezzare la solida determinazione della nazione iraniana". "La risposta iraniana sarà forte e distruttiva", ha avvertito da parte sua il ministro dell’Interno, Ahmad Vahidi, sottolineando però che "abbiamo ottenuto alcune informazioni sulle esplosioni ma dobbiamo condurre ulteriori indagini".
L’attacco, avvenuto all’indomani dell’uccisione del numero due dell’ufficio politico di Hamas, Saleh al-Arouri, ucciso con altri sei esponenti del gruppo da un raid di due droni israeliani alla periferia di Beirut, ha fatto temere che potesse trattarsi di una nuova azione di Israele. Ma per ora mancano riscontri.
Significativamente anche il leader di Hezbollah, che ieri ha fatto il suo terzo discorso dall’inzio della guerra di Gaza, ha fatto un intervento molto poltico denunciando il fallimento della strategia israeliana e promettendo guerra in caso lo Stato ebraico attacchi il Libano ("Se pensa di condurre una guerra contro il Libano, non abbiamo paura, la nostra lotta sarà senza limiti e senza regole. Andremo fino in fondo"), non viceversa. A respingere qualsiasi sospetto su un’eventuale mano di Israele nella strage, sono intervenuti subito gli americani: "È troppo presto per fare valutazioni ma non abbiamo alcun motivo di pensare che Israele sia coinvolto", ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Matthew Miller.
E in effetti gli analisti ipotizzano piuttosto una azione condotta da terroristi dell’Isis, interessati a innescare una crisi che porti allo scontro diretto due dei loro nemici storici: Israele e l’Iran. Secondo un’altra fonte l’azione potrebbe essere stata realizzata dal gruppo sunnita di separatisti del Balochistan (regione iraniana di confine con il Pakistan) denominato Jaish-ul-Adl (Esercito della giustizia), gruppo affiliato ad al Qaeda.
Significativamente a settembre l’agenzia di stampa Fars aveva riferito che un "operativo" chiave affiliato all’Isis, incaricato di svolgere "operazioni terroristiche" in Iran, era stato arrestato proprio a Kerman. Nel 2017 un gruppo di cinque terroristi dell’Isis ha attaccato il palazzo del parlamento iraniano e il mausoleo di Ruhollah Khomeini, uccidendo 17 civili e ferendone 43. Teheran ha affermato di aver fermato altri attacchi dell’Isis all’interno dell’Iran che erano mirati a civili in luoghi pubblici. Qualunque fosse la mano, stavolta non c’è riuscita.