Giovedì 2 Maggio 2024

Sofia e le altre Campionesse che s’arrangiano

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Leo

Turrini

Le chiamano Farfalle. È un bel nome, che allude alla grazia e alla leggiadria delle ragazze della ginnastica ritmica. A Sofia, in occasione del recente campionato del mondo, hanno conquistato nove medaglie (sei d’oro), trainate dalla eleganza irresistibile della diciottenne marchigiana Sofia Raffaeli.

La chiamano Sirenetta. È ancora minorenne Benedetta Pilato, classe 2005, detentrice del titolo iridato e del titolo europeo sui 100 rana. Per precocità e carisma, a lei indiscutibilmente spetta l’etichetta – pesante! – di erede in piscina della neo sposa Federica Pellegrini.

Ebbene, che cosa hanno in comune le Farfalle azzurre e la giovanissima Benedetta, al di là dei risultati straordinari ottenuti in pedana e in piscina? Presto detto. Sono italiane, ma non nel senso migliore del termine. Le ragazze della ginnastica ritmica hanno fatto sapere che servirebbero soldi per realizzare palestre attrezzate, impianti in grado di appagare l’istinto di emulazione delle bambine del nuovo millennio. E per quanto riguarda Benedetta Pilato, beh, è sufficiente ricordare qui e ora che nella sua città, Taranto, non esiste una piscina olimpica lunga 50 metri, sicché la ragazza è sistematicamente costretta a sobbarcarsi faticose trasferte per riuscire ad allenarsi in una maniera consona al suo eccezionale talento.

Obietterà lo scettico lettore: niente di nuovo sotto il sole, da sempre le cose in Italia funzionano (si fa per dire) così. Lo sport che non è calcio si deve adattare, arrangiare, arrabattare, magari confidando sulla squisita sensibilità di qualche amministratore locale. E a tappare le falle di un sistema inadeguato provvede, abitualmente, la generosa disponibilità dei volontari.

Attenzione, però. In un contesto economicamente inquietante, sempre più spesso capita d’imbattersi in storie che raccontano di società sportive costrette a ridurre l’attività, oppure, causa esplosione del costo delle bollette, obbligate ad allenare ragazze e ragazzi in palestre senza riscaldamento né acqua calda per le docce. So bene, come si affannano a spiegare quelli bravi, che i problemi sono altri, al primo posto c’è la necessità di salvare gli esercizi commerciali, e bisogna dare la priorità a ciò che conta veramente.

Tuttavia, sarebbe il caso di riflettere un attimo. Qui non rischiamo di perdere medaglie nelle competizioni internazionali. Non stiamo parlando di un declino nella contabilità aurea del Coni.

Qui, in assenza di una presa d’atto collettiva, ci stiamo giocando una generazione. Ed è appena il caso di notare – malinconicamente! – come nessuna forza politica, al di là degli slogan da comizio o da social, abbia inserito l’educazione allo sport (praticato, non da ammirare sdraiati sul divano) tra le esigenze cui il futuro governo dovrà garantire una risposta.

Che peccato.