POZZUOLI (Napoli)
In un angolo del ’Palatrincone’, trasformato in ricovero per gli sfollati, risuona il canto di una ragazzina, "I p’ me, tu p’ te", il brano di Geolier a Sanremo. Ormai si ragiona così: io per me e tu, Stato, per te. Una rabbia che sottolinea la distanza tra migliaia di cittadini alle prese con lo stillicidio del bradisismo e la comunità scientifica statale che non rasserena più nessuno. Da via Napoli alla Solfatara, tagliando per via Vecchia San Gennaro, Pozzuoli sembra una città svuotata, in bilico tra sgomento e speranza, tra l’istinto di lasciare quel luogo dal silenzio surreale e la voglia di resistere. La scossa di terremoto di lunedì sera – magnitudo 4.4, la più forte negli ultimi 40 anni preceduta da un’altra di 3.5 e seguita da altre 150, crepe e cornicioni caduti, nessun ferito – spezza l’illusione che col bradisismo si possa convivere, pur in un tran tran di guardinga e sospettosa preoccupazione.
Se si cammina verso il lungomare Colombo o ci si avventura nei Comuni limitrofi – Bacoli, Monte di Procida, Quarto, Giugliano – le storie che raccontano gli abitanti sono diverse da quelle degli esperti. La gente non si fida, "faremo la fine di Pompei", dicono davanti ai gazebo di Bacoli spazzati dal vento. "Non è una situazione facile, la maggiore criticità è dovuta alla preoccupazione della popolazione", ribadisce il sindaco di Pozzuoli, Gigi Manzoni che reclama a gran voce il sismabonus. Oggi si tirano le fila a Palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni e il ministro della Protezione Civile, Nello Musumeci, in un vertice interministeriale. "Pensiamo a eventuali ulteriori interventi da parte del governo, dopo quelli già promossi e in corso di attuazione con il decreto legge dell’ottobre scorso", annuncia Musumeci.
Intanto stop a molte scuole mentre sono 300 i sopralluoghi effettuati. "Gli studiosi sostengono che una scossa di magnitudo superiore a 5 non è possibile", obietta il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi. Ma vallo a dire a chi ha trascorso la notte sotto una tenda o alle 39 famiglie sfollate da 13 edifici inagibili. Evacuato il carcere femminile di via Pergolesi a Pozzuoli, trasferite le 140 detenute dalla struttura, a rischio poiché in piena area sismica. Il provvedimento "si è reso necessario per motivi precauzionali", ma sono in molti a pensare che sia solo un prologo. Poi toccherà all’ospedale, alle scuole, forse al municipio, al museo archeologico e al carcere di Nisida. La gente dei Campi Flegrei si è illusa per mesi che questa crisi fosse come quelle del passato, tra il 1970 e il 1972 o tra il 1982 e il 1984. Ora prevalgono pessimismo e collera perché le cose vanno peggio di quaranta anni fa. "Con questo tasso di sollevamento del suolo dobbiamo aspettarci altri terremoti simili per intensità, e anche più forti. Quello che possiamo dire in questo momento è che la deformazione della crosta sta continuando", dice il direttore dell’Osservatorio Vesuviano, Mauro Di Vito. "Resilienza 5": riusciranno i vecchi edifici del centro storico a resistere alla magnitudo 5? Nessuno ci scommette un cent.
Campi Flegrei è un piccolo mondo a sé dove la gente ama ogni singola pietra in maniera quasi morbosa. Ma molti, ormai, si rassegnano a fare le valigie, a lasciarli per sempre come successe con Rione Terra nel 1982. Il governo ha approvato a ottobre un decreto-legge per fronteggiare l’emergenza, ma a differenza del Vesuvio, i Campi Flegrei sono una sfida dieci volte più impegnativa. La gente sa che è seduta su una bomba a orologeria e le vie di fuga sono limitate. Difficile sfollare in 48 ore duecentomila persone: lunedì sera, ad esempio, le vie di fuga erano intasate. Motivo? Il concerto dei Pinguini Tattici al Palapartenope di Fuorigrotta.
Nino Femiani