Sabato 27 Aprile 2024

Rischio idrogeologico e infrastrutture vulnerabili, strade e ferrovie da ripensare: "Servono canali di drenaggio"

Gli eventi estremi sono aumentati in maniera significativa e questo ha un impatto sui collegamenti. Gli esperti: "Le nostre opere sono fragili"

Roma, 19 maggio 2023 – La rete infrastrutturale deve fare i conti con un mondo che cambia e nel quale le alluvioni, le tempeste di vento, le precipitazioni estreme sono aumentate in maniera significativa. Non è più una eventualità remota, è cronaca, figlia della crisi climatica. E le strategie per rispondere a questa emergenza sono sul tavolo degli addetti ai lavori, dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ai ricercatori universitari.

La ferrovia sospesa nel nulla dopo il cedimento del terreno a Sant’Agata sul Santerno (Ravenna)
La ferrovia sospesa nel nulla dopo il cedimento del terreno a Sant’Agata sul Santerno (Ravenna)

"Che il rischio di eventi estremi sia accresciuto, è ormai chiaro, che i tempi di ritorno degli eventi eccezionali si siamo molto accorciati è indubbio – osserva il professor Pierluigi Coppola, docente di pianificazione dei trasporti al Politecnico di Milano – e quindi occorre agire di conseguenza. Per salvaguardare le nostre infrastrutture è innanzitutto fondamentale ridurre il rischio idrologico e idrogeologico, per abbassare la minaccia a cui sono esposte. Dopodiché, più che intervenire sull’opera stessa, che comunque va monitorata e non lasciata a sé stessa, è necessario stabilizzare i terreni sui quali transita, laddove ve ne sia la necessità". "Per le nuove opere – prosegue Coppola – se si vogliono realizzare infrastrutture resilienti a questi eventi estremi, il tema è come inserire correttamente l’infrastruttura nel territorio. Il rischio infatti lo si può ridurre anche con una pianificazione attenta che limiti la vulnerabilità dell’opera con un tracciato che sia il meno possibile impattato da potenziali piene e da eventi franosi, procedendo a una corretta stabilizzazione dei pendii e intervenendo con le necessarie opere geotecniche sulle fondazioni, perché se viene meno la fondazione di un’opera viene giù tutto il resto".

"Il cambiamento climatico ci dice che nell’area del Mediterraneo è concreto il rischio di un aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi estremi – osserva Luca Brocca, ricercatore dell’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Cnr – e quindi ha senso adeguare le specifiche delle infrastrutture – ponti, strade, ferrovie rendendole più performanti e meno esposte. Se sono state progettate con tempi di ritorno di 100 o 50 anni e poi l’evento si ripete invece con frequenza molto maggiore è ovvio che le opere vanno ripensate per resistere ad eventi più frequenti. Ha un costo, ma è prevenzione. È come la cintura di sicurezza, la metti ogni volta che vai in macchina e magari ti serve due o tre volte in quarant’anni, ma quelle volte ti salva la vita. E quindi, merita".

"Per ridurre gli impatti – osserva il professor Giuseppe Passoni, docente di idraulica al Politecnico di Milano – è importante intervenire a monte, con casse nelle quali le piene possano espandersi in modo controllato, con serbatoi di laminazione ed eventualmente con dighe sui corsi d’acqua maggiori o, strategia più classica, innalzando gli argini per contenere più metri cubi al secondo. Ma ovviamente se la frequenza degli eventi estremi è, o c’è la possibilità che sia, maggiore, le opere idrauliche non possono darti una sicurezza del 100% e quindi è necessario anche valutare se sia necessario adeguare le opere già realizzate e soprattutto progettare diversamente quelle che dovremo costruire". Naturalmente non è detto che occorra intervenire in maniera pesante sulle opere esistenti, anzi. "Tutti abbiamo visto le immagini dell’autostrada allagata – osserva Passoni – dalle quali era chiaro che il rilevato autostradale fosse perpendicolare al flusso di piena delle acque: ha fatto da diga e ha impedito ai terreni a monte di essere drenati. Ma questo non vuol certo dire che il livellato autostradale va innalzato o cambiato di tracciato, basta creare degli attraversamenti idraulici del rilevato, consentendo il corretto deflusso delle acque. Quindi, dipende. Non c’è una ricetta unica. Ogni intervento va deciso caso per caso, studiando il territorio".