Martedì 23 Aprile 2024

"Ragazzi, dovete trovarvi un lavoro". I giudici: basta sogni adolescenziali

La Suprema Corte chiede un’inversione di rotta: dopo gli studi, un figlio ha l’obbligo di rendersi autonomo. Solo in Italia le famiglie mantengono i giovani fino ai 30 anni. "Bisogna ridurre le proprie ambizioni"

Tantissimi giovani (foto Businesspress)

Tantissimi giovani (foto Businesspress)

Della serie: oltre ai diritti ci sono anche i doveri. I fatti: una madre contesta, con un ricorso, una decisione della Corte di Appello che revoca l’assegno, versato dall’ex marito, al figlio. Figlio 30enne che fa il prof di musica precario. Non solo: la Corte revoca anche la casa coniugale. Ricorso respinto dalla Cassazione con una sentenza che farà discutere parecchio e che, come si dice, "farà giurisprudenza".

In sostanza, per la Suprema Corte se gli studi sono finiti (diploma o laurea non cambia) un figlio deve andare ’in mare aperto’. Insomma, l’autonomia dalla famiglia deve essere il suo obiettivo. Volente o nolente. E se non trova il lavoro che sogna o per il quale ha studiato, non cambia nulla: "Ridurre le proprie ambizioni adolescenziali". In pratica si dice che l’assegno di mantenimento non può avere una funzione assistenzialistica bensì educativa. Il rimprovero ai ’bamboccioni’ è chiaro. Le tue aspirazioni vanno in una certa direzione? Puoi coltivarle quanto ti pare, ma non puoi assolutamente "che, a qualsiasi lavoro si adatti soltanto, in vece sua, il genitore". Bisogna passare dal principio "del diritto a qualunque diritto" al concetto di dovere.

Il discorso, va chiarito, non riguarda solamente le famiglie in difficoltà economica, ma si applica anche a genitori danarosi che possono permettersi di mantenere il figlio. Le spiegazioni giuridiche sono varie. Su tutte, il principio di eguaglianza tra chi, terminato il corso dell’istruzione, continua a non essere autonomo e chi, invece, si è dato da fare adattandosi a lavorare anche se non in un contesto aderente alle proprie aspirazioni e ai propri sogni o progetti.

Nella sentenza il punto è chiaro: "Il concetto di capacità lavorativa, intesa come adeguatezza a svolgere un lavoro, in particolare un lavoro remunerato, si acquista con la maggiore età".

La questione è tra le più delicate che esistono, com’è facile capire. In gran parte perché trovare un lavoro, oggi, è impresa spesso titanica. E anche perché, a fronte di studi particolarmente impegnativi per un giovane è difficile, prima di tutto psicologicamente, adattarsi a una diversa situazione.

C’è poi anche da considerare un aspetto "storico". Essendo l’Italia un Paese dove la famiglia numerosa è un fatto ’normale’ – a differenza dei Paesi del Nord Europa dove rendersi autonomi il prima possibile è naturale –, il rimanere a casa è sempre passato come un dato di fatto.

C’è chi è rimasto, sia pure solo in parte, a carico dei genitori (o addirittura dei nonni) per necessità e chi se n’è approfittato. La sentenza della Cassazione, invece, mostra come la mentalità in un mondo del lavoro in continua evoluzione, debba cambiare. Al più presto.