di Viviana
Ponchia
In cima a una coda chilometrica c’è sempre un camper. È il lamento di chi non capisce: troppo lenti, ingombranti, promiscui. Poi c’è chi ha messo il camper al centro della propria vita ed è felice. Basta affitto, tasse, bollette, riunioni condominiali. E via quella sensazione struggente di volere essere sempre altrove, o lo strazio del ritorno. Non si tratta di una vacanza, il viaggio in teoria potrebbe non finire mai. È l’alternativa al chiosco di frullati su una spiaggia thailandese, il nuovo lusso del minimalismo. Una filosofia. Li chiamano vanlifers e sono sempre di più. Gente sulla strada che alle quattro mura preferisce le quattro ruote e due cose su tutte: libertà, movimento. Anche risparmio.
Il film Nomadland ha mostrato la faccia dura di vivere così, quando on the road è necessità e non scelta. Un compromesso tra lo sfratto e l’accattonaggio. "Non sono una senza tetto, sono una senza casa", dice Fren (Frances McDormand) nella pellicola di Chloè Zhao. Si considera una vedova nomade nell’America della deindustrializzazione e della crisi, quanto di più simile a un pioniere. E coglie il lato buono della situazione: centinaia di persone da incontrare, nessun addio definitivo perché prima o poi sulla strada ci si ritrova sempre.
Per Gianluca Gotto è andata diversamente. Scrittore nomade digitale di prima generazione, gira il mondo lavorando da remoto e nel suo blog spiega che chi sceglie questa vita non è necessariamente disperato: "Non esiste un libretto di istruzioni buono per tutti. Per qualcuno la via giusta è un percorso tradizionale fatto di mutuo, lavoro, orizzonti immutabili. Io ho scelto un altro modo". Nel libro Le coordinate della felicità scrive con tocchi zen che i sognatori fanno paura a chi non è soddisfatto della propria vita ma non ha il coraggio di cambiarla: "Il problema è che a furia di tenere i sogni chiusi nel cassetto li facciamo invecchiare". Il suo sogno era la vita sul van, non si è mai sentito solo perché là fuori sono in tanti.
Indispensabile per chi cerca ispirazione il blog di Daniela De Girolamo ("Mollo tutto e vado a vivere in camper"). Era maestra di ballo, nel 2018 a 33 anni ha messo in affitto la sua casa a Reggio Calabria e via, con l’intenzione di non tornare. Le perplessità che aiuta smontare sono state anche le sue. Viaggiando sempre si trascura la famiglia. Falso. "Io ho due nipotini e una mamma che amo follemente. Se hanno problemi torno subito ma non posso stare lì ad aspettare che accada". Da soli non è facile partire: "C’è chi vorrebbe ma aspetta un compagno. Se avessi aspettato sarei ancora a Reggio Calabria. Quando non fai qualcosa è perché non vuoi". Una donna che viaggia da sola deve avere paura? "Paura di cosa? Quante donne che viaggiano in camper sono state derubate o ammazzate? Quante violenze avvengono fra le mura domestiche?". È un lusso da figli di papà: "Io non ho un papà e nemmeno sicurezze economiche. Riformulo di continuo le mie fonti di sostentamento". Dal punto di vista economico pesa soprattutto il cibo ma i soldi non mancano mai tra lavori stagionali e il suo "van life coaching" dedicato a chi non sa da che parte iniziare. Ha perso il conto dei chilometri ("sopra i 150mila"), conserva ricordi abbaglianti di notti stellate e giorni pieni di vento fra l’Europa e l’Africa.
Durante il primo lockdown è stata tormentata dalla polizia spagnola e per un mese ha dovuto spostarsi di continuo. "Poi ho trovato una fattoria e mi ci sono infilata dentro. Davo aiuto in cambio di protezione. Siamo ancora amici". Rimpiange di non averlo fatto prima. "Mi chiedono spesso perché e io rispondo: perché dovrei vivere in un appartamento quando ho la mia casa dappertutto? Non sono il tipo da divano e televisore". L’adorato bastardino Spritz la segue in questa ricerca di spazi aperti. Surf, kyte surf, kayak, trekking. Oggi animatrice, domani barista. Adesso è a Cadice, domani chissà.
Nel giro conoscono tutti la storia dell’americana Jess Bonde, anche lei in fuga dalla ruota del criceto. La sua svolta è stato un Commander del 1978 in vendita a 1.900 dollari, con solo 54mila miglia addosso e nemmeno un filo di ruggine: il suo biglietto per la felicità. In un anno e tre mesi lo ha rimesso a nuovo, nel luglio 2016 ha imbarcato i gatti ed è partita: New Mexico, Arizona, Montagne Rocciose. Si accontenta di poco. Per pagarsi cibo e gasolio accetta lavori occasionali e guadagna attraverso i suoi canali social: "Voglio dimostrare a tutti che chiunque può costruirsi una vita felice".
Come Alex e Michaela, lui web designer brasiliano lei fotografa di matrimoni australiana. Sono partiti da Perth attraversando Malaysia, Vietnam, Laos, Cambogia, Cina, tutti gli Stati Uniti, Canada e Messico. E hanno documentato ogni centesimo. Dopo 57.008 chilometri e 732 giorni on the road hanno speso a testa una media di 16,84 euro al giorno. L’affare migliore della loro vita.