Sono due i temi che hanno rovinato le Feste ai dirigenti e ai militanti dem. Del primo – il crollo del tesseramento – nel partito non parla nessuno, tantomeno i candidati in campo per la nuova segreteria del partito. Del secondo (l’intervista rilasciata ieri da Dario Franceschini al Corriere della Sera) parlano tutti, per lo più per contestarla.
Il buco nero in cui sono finite 270mila tessere nel breve volgere di meno di due anni (erano 830mila nel 2008, agli esordi, ma era un’era geologica fa, 380mila con Renzi, 320mila nel 2021, sono 50mila oggi, di cui 10 mila on-line) è impressionante.
La prima conta interna, quella che si tiene, appunto, tra gli iscritti, rischia di diventare una corsa al ribasso, per pochi intimi. Certo, da qui alla data delle primarie aperte (19 febbraio) la stima e la speranza è una risalita, fino a 90mila, frutto soprattutto delle nuove iscrizioni dei supporter dei due candidati principali (Bonaccini e Schlein). Ma a votare alle primarie chiuse (termine ultimo il 12 febbraio) sarà solo chi ha sottoscritto la tessera entro il 31 dicembre di quest’anno. I quattro candidati si giocheranno i consensi di 50mila militanti, non di più. Un bottino magro per tutti. Senza dire del fatto che le primarie aperte (nel 2019, vincitore Zingaretti, parteciparono in 1,6 milioni) saranno, pur considerando un calo più che fisiologico (sarebbe considerato un successo, al Nazareno, superare anche solo il milione netto di votanti), tutto un altro film e potrebbero non corrispondere affatto all’orientamento degli iscritti, oggi troppo davvero troppo pochi per risultare indicativi degli orientamenti del più vasto ‘popolo’ degli elettori.
Per la prima volta i due voti potrebbero, cioè, non coincidere, come è sempre successo in passato.
Ma del crollo degli iscritti non parla nessuno. Meglio parlare dell’intervista in cui Dario Franceschini appoggia ufficialmente la corsa di Elly Schlein. Non tanto per i giudizi encomiastici ("Solo lei rappresenta la sinistra moderna", "Di personalità come lei ne nasce una ogni 10 anni") o per la furia rottamatrice ("Elly deve cambiare tutto", "non serve continuità, ma punti di rottura"), ma per una frase ("La generazione mia e di Bonaccini ha sempre guidato il partito, ora lasci il passo") che ha fatto saltare la mosca al naso ai sostenitori del governatore.
Accumunare Bonaccini a chi, come Franceschini, è sempre stato al comando nel Pd indigna i bonacciniani. "Bonaccini fa paura perché cambierà davvero il gruppo dirigente" ribatte Francesca Puglisi. E Davide Di Noi rimprovera a Franceschini i "posti sicuri in lista" e di voler sbarrare la strada "a chi a Roma non c’è mai stato e ripudia le correnti". Certo è che la corrente di Franceschini, Area dem, è in disfacimento, come molte altre, del resto. Piero Fassino non ha condiviso la scelta di sostenere Schlein, Marina Sereni neppure.
Pina Picierno (donna, giovane, del Sud) da oggi sarà, la vera ‘numero 2’ della mozione Bonaccini. Ma anche la sinistra interna non riesce a ‘tenere’ tutti i suoi sulla candidatura della Schlein, come dimostra la candidatura, in solitaria, di Cuperlo e si mostra tiepida, di fronte al ciclone Elly. Il quale – come la De Micheli, per motivi generazionali e di genere – può togliere voti soprattutto a Schlein. Ma nel giro tra gli iscritti, che sono assai pochi. Nelle primarie aperte si giocherà una partita che, ad oggi, appare davvero impronosticabile.
Ettore Maria Colombo