Domenica 5 Maggio 2024

Oligarchi morti con mogli e figlie Due omicidi-suicidi molto sospetti

Le stragi in Spagna e a Mosca a distanza di 24 ore. Dalla scure senza impronte alle altre prove ’improbabili’

Migration

di Roberto Giardina

Le coincidenze sono vietate nei romanzi gialli, però la nostra vita è fitta di coincidenze, dovute al caso solo per gli scettici. Due oligarchi russi si uccidono in 24 ore. Entrambi, prima di togliersi la vita, sopprimono la moglie e una figlia. Il primo omicidio plurimo e suicidio, lunedì in un lussuoso grattacielo di Mosca; il secondo in Spagna, in Costa Brava. Tutto sembra chiaro, troppo chiaro per non suscitare qualche dubbio.

I due milionari non lasciano biglietti d’addio, non avevano motivi per venir spinti al sucidio. E sia la polizia russa sia quella spagnola, non escludono alcuna ipotesi, vendetta, ma di chi? Sempre di Putin, capace di tutto per coloro che non amano l’ultimo zar? Un regolamento di conti della mafia russa? Erano disperati per la crisi provocata dalle sanzioni? Troppe ipotesi. È probabile che le indagini verranno chiuse senza una risposta soddisfacente.

Cominciamo dalla fine. Martedì alle 16, il figlio del magnate Sergey Protosenya, telefona alla polizia di Lloret de Mar. Il giovane, 22 anni, da 24 ore chiama il padre senza aver risposta, Gli agenti si recano alla villa del russo, in Aiguablava 24. Trovano il magnate, 55 anni, impiccato in giardino. Nella casa, chiusa dall´interno, scoprono i corpi della moglie Nazalya 53 anni, e della figlia Maria, di 18. Sono state uccise nel sonno a colpi d´ascia e a pugnalate. Un classico omicidio-suicidio? Anche no. La porta è chiusa dall´interno. Sul corpo del marito e padre non ci sono tracce di sangue. E, ancora meno spiegabile, sull’ascia e sul coltello non ci sono impronte digitali. Perché un uomo disperato si preoccupa di indossare guanti prima di uccidere moglie e figlia? Per confondere gli inquirenti, e creare il dubbio che si tratti di un massacro compiuto da sconosciuti? Protosenya lascia un patrimonio di 400 milioni di dollari, per sette anni era stato vicepresidente della Novatek, la più grande società privata in Russia per la fornitura di gas, la settima al mondo.

Lunedì a Mosca, al 14° piano di un grattacielo, l’oligarca Vladislav Avayev, uccide a colpi di pistola la moglie Yilenia, che è incinta, e la figlia tredicenne. I corpi vengono scoperti dalla figlia più grande, Anastasia, 26 anni. Nessun biglietto, nessun motivo. Anayev era l’ex vicepresidente della Gazprombank, la banca che tratta la vendita del gas, ed era un consigliere di Putin. Le sanzioni l’avevano rovinato, dicono alcuni. No, confida un’amica di famiglia, non aveva problemi, aveva un grande patrimonio al sicuro all’ovest. Un’altra amica rivela che la moglie lo tradiva con l’autista, che Vladislav aveva appena licenziato. Non occorre ricordare i casi degli ultimi anni, dissidenti, ricchi o no, ex agenti del Kgb fuggiti a Londra, o a Berlino, per indurre i cremlinologi a elaborare altri scenari. Ma ogni volta mancano prove convincenti. Anche Alexei Navalny, l’oppositore di Putin, avvelenato nell’agosto 2020 e salvato dai medici tedeschi a Berlino, potrebbe essere stato vittima di qualche oligarca o di un mafioso, quale effetto delle sue denunce sulla corruzione all’ombra del Cremlino.

Altro episodio: l’anno scorso un giovane diplomatico si è buttato all’alba da una finestra dell’ambasciata russa a Berlino. Suicidio? Mancherebbe un motivo valido, e inoltre il corpo è stato portato subito in patria, impedendo alla polizia tedesca di indagare. Perché tanta fretta?

Se non vogliamo credere al doppio suicidio di Protosenya e Anayev – che certamente si conoscevano ma non erano amici –, i due potrebbero essere stati uccisi (per qualche torto commesso o promessa non mantenuta) da un rivale o dalla mafia. La storia, da Stalin a oggi, dice infatti che i nemici del Cremlino sono sempre stati puniti, ma anche che mogli e figli venivano sistematicamente risparmiati.

I tre morti in Spagna e i tre in patria potrebbero perciò essere un avvertimento per tutta l’area grigia del potere moscovita.