Sabato 9 Novembre 2024

Neonata abbandonata La ruota degli esposti e le culle termiche Quando vince la vita

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di Davide

Rondoni

L’ha abbandonata o l’ha consegnata? Con quale struggimento, con quale grido divino nel cuore una madre ha lasciato (qualcuno per suo conto) la sua bambina nata da poco in una scatola vicino all’ospedale? L’ha abbandonata? L’ha consegnata? Da dove viene quel gesto? Da quale sperduta storia di cui non sappiamo né forse mai sapremo dettagli di fatica o addirittura disperazione? No, disperazione no.

Perché questo abbandono che é anche consegna è semmai segno di una ultima resistenza, verrebbe da dire, di una dolcissima opposizione proprio alla più oscura disperazione. Consegnando la figlia al destino d’esser trovata e di certo accudita nel vicino ospedale la madre, per quanto dissennata o forse in preda a un dolore o a una solitudine che le sono parse totali e sterminate, ha fatto un gesto di fiducia, non di disperazione.

I figli non sono nostri, e da subito e più ancora quando li vedi crescere e camminare tra le onde del mondo, capisci che in qualche modo devi sempre affidarli, consegnarli a un destino che non governiamo.

È la esperienza tra le più forti degli esseri umani. E anche quella madre s’è separata dalla figlia, ma non per consegnarla alla morte, come purtroppo molte sono indotte a fare, ma per consegnarla confusamente alla vita. Nella notte di Monza è stato un grido silenzioso ma potente, che ci commuove mentre ne tremiamo: "Che lei viva!".

Se un tempo remoto c’erano “ruote”, monasteri, luoghi preposti a lasciare il teneri fardelli che per mille, mille motivi spesso insondabili venivano lasciati al destino o meglio alla cura di anime buone e sconosciute, oggi spesso quelle anime buone e sconosciute si trovano nelle corsie di Ospedali come il San Gerardo. Un tempo erano riconoscibili per cognomi come Diotallevi, Diotaiuti o altri di simile fantasia, ora si spazia da Kevin a Mariflores. I neonatologi italiani stimano in circa tremila i bambini abbandonati in corsia o presso ospedali. È oggi è frequente che gli ospedali – non a caso invenzione europea risalente al medioevo – si attrezzino per questo genere di urgenze. Non più ruote, ma culle termiche. Quei cognomi hanno poi segnato lunghe storie di famiglie, stirpi prolungate fino a noi.

Quel gesto di abbandono e consegna, quel gesto di speranza resta inciso nel nome di stirpi numerosissime a dimostrare la forza generatrice della speranza. Se infatti in Italia non nascono bambini non è per motivi economici, ma per mancanza di speranza. Peraltro sarebbe ora di considerare questa strana virtù degli umani uno dei fattori propulsivi anche dell’economia. Una società di disperati diviene sterile e povera, una "terra desolata".

Il gesto della madre nella notte di Monza è certamente avvolto da una pena che nessuno può permettersi di giudicare e nemmeno di chiudere in frettolose analisi. Ma a suo modo, nel modo strano che a volte gli uomini trovano per la loro speranza, splende come una fiaccola in tempi di sbranata cupezza. Ed è più forte di qualsiasi Pnrr. "Che lei viva!" ha mormorato la madre sacra.