Attirati in una trappola. E poi sequestrati, derubati e torturati per ore. Non è un racconto di Jo Nesbø, ma accade nella sonnacchiosa Benevento, poco prima di Natale, quando tre ragazzi del vicino paesino di San Leucio del Sannio, due ventenni e un minorenne, bussano a un appartamento di Benevento. Non è ben chiaro il motivo di quella visita, qualcuno riferisce di un appuntamento organizzato per fare la pace dopo un diverbio in un locale. Un altro, infine, parla di un faccia a faccia resosi necessario dopo la scomparsa di un orologio. Qualche altro del pagamento tardivo di alcuni grammi di ’fumo’ (nella casa sono stati trovati 80 grammi di stupefacenti).
Certo è che i tre si aspettano un’accoglienza ben diversa, tanto che hanno portato anche un regalo. Appena entrati vengono aggrediti selvaggiamente da quattro persone, che li colpiscono con manganelli, bastoni e con i piedi di una sedia. Una violenza bestiale, i sanleuciani sorpresi e feriti vengono sbattuti per terra, presi a calci e pugni, colpiti ripetutamente e costretti a pulire anche il loro sangue dal pavimento. Minacciati con i coltelli dai quattro assalitori – Antonio Barone, 48 anni, già noto alle forze dell’ordine, il figlio, Vincenzo Cinque, 25 anni, Emanuele Ucci, 23 anni e Ludovico Lepore, 53 anni –, sono obbligati a svuotare le tasche di tutto il contante. Un ventenne che tenta di fare resistenza viene prima costretto a camminare carponi e ad abbaiare, poi denudato e messo al freddo sul balcone perché si è defecato addosso per le bastonate e la paura ed emana, a detta degli aguzzini, un cattivo odore. Non contenti di quanto hanno arraffato, costringono uno dei ventenni a recarsi con loro al bancomat per un prelievo. Una circostanza che diventa l’insperata ancora di salvezza.
Una pattuglia dei carabinieri intercetta l’auto che si sta fermando davanti a una banca di San Giorgio del Sannio. A bordo ci sono tre uomini: Lepore e Ucci con uno dei giovani di San Leucio in evidente stato confusionale e lesioni in diverse parti della faccia e della testa. I carabinieri non abboccano alle spiegazioni farlocche e capiscono che è successo qualcosa di grave. Chiamano i rinforzi e si recano nell’appartamento dove trovano Barone e il figlio Vincenzo che fanno da carcerieri ai due ostaggi. In caserma i tre giovani raccontano la storia agghiacciante che hanno vissuto. Le indagini, durate quasi tre mesi, portano all’arresto in carcere per Barone e ai domiciliari, con controllo mediante braccialetto elettronico, per gli altri tre. Le ipotesi di reato vanno dalla tortura aggravata alle lesioni, dal sequestro di persona alla rapina. Oltre al racconto delle vittime, i militari dell’Arma acquisiscono anche immagini estratte da sistemi di videosorveglianza, documentazione bancaria e dati di traffico telefonico.
Un incastro di particolari che permette di dare sostanza alle accuse contro i carnefici e ricostruire la notte horror. "Siamo stati picchiati ripetutamente – racconta uno dei ragazzi al pm Giulio Barbato – con calci alla testa, con le sedie e il manganello, minacciati con il coltello e sottoposti a ulteriori angherie. Ci hanno tolto telefonino, soldi e chiavi dell’auto, uno di noi è stato costretto a pulire il sangue dal pavimento, se non lo faceva gli avrebbero bucato le mani con la lama". Ancora da chiarire i motivi della punizione. "Ci accusavano di aver sottratto l’orologio al figlio di Barone – riferisce una delle vittime –. Gli abbiamo detto che non eravamo stati noi, ma loro volevano un risarcimento di 250 euro". Il sindaco di Benevento, Clemente Mastella, commenta: "Questa storia, che vede coinvolti anche alcuni giovani di Benevento gravemente sospettati di aver compiuto reati agghiaccianti, mi ha fatto rabbrividire".