NOVELLARA (Reggio Emilia)
Costretta a nozze combinate che lei ha sempre rifiutato in modo deciso, a 20 anni vive da settembre in una struttura protetta, insieme a un’altra ragazza che come lei si è ritrovata vittima di maltrattamenti in famiglia: le impedivano di uscire di casa, di cercarsi un lavoro, anche di avere un minimo contatto con gli altri, con il mondo esterno.
È la vicenda che sta vivendo una donna poco più che ventenne di origine pachistana che da qualche tempo risiede con la famiglia a Novellara, la cittadina reggiana già teatro della tragica storia di Saman Abbas, la diciottenne uccisa dai familiari – la notte fra il 30 aprile e il primo maggio del 2021 – per non aver accettato il matrimonio combinato con un cugino in Pakistan.
Dunque, una storia che si ripete: una ragazza costretta, qui in Italia, a far fronte a un contesto subculturale familiare in cui si sarebbe perfino consumato l’omicidio della madre, in Pakistan, a opera di uno zio, quando lei era appena nata. Pur se ufficialmente – in base alla tesi sempre espressa dal padre – il decesso sarebbe avvenuto per "cause naturali". E proprio il figlio di quello zio, presunto assassino, è stato il marito che altri hanno scelto per lei. Le nozze si sono già svolte, pur se a distanza e in presenza di testimoni, a fine novembre 2021, con uno sposo mai incontrato finora dalla giovane. Al compimento del diciottesimo anno di età, il padre l’avrebbe minacciata: "Se non mi fossi sposata con mio cugino, mi ha detto che lui sarebbe morto. E diceva pure che mi sarebbe capitata la stessa sorte della ragazza pachistana, Saman Abbas, morta a Novellara", ha raccontato agli assistenti sociali. A convincere la ragazza ad accettare il trasferimento dalla casa famigliare a una struttura protetta è stata, a fine estate, l’intenzione del capofamiglia di recarsi in Pakistan, portando con sé anche la figlia.
A quel punto la ragazza ha chiesto di avere i documenti anagrafici per chiedere l’annullamento del matrimonio. Mentre aumentava la paura di tornare nel Paese d’origine, anche ricordando i racconti ascoltati nel periodo d’infanzia in Pakistan sulla morte della madre.
Intanto, dopo la denuncia dei genitori per maltrattamenti e per costrizione o induzione al matrimonio (per il padre), l’autorità giudiziaria ha disposto anche il divieto di avvicinamento a entrambi gli indagati, di 52 e 37 anni di età, che dovranno restare ad almeno 500 metri di distanza da ogni luogo frequentato dalla figlia. Disposta anche l’attivazione del braccialetto elettronico per garantire il rispetto di questo divieto.
La vicenda di questa giovane pachistana è uno degli almeno dieci casi al vaglio della magistratura e dei servizi sociali di Novellara, a cui il sindaco Elena Carletti ha fatto riferimento di recente. "Dopo il caso Saman – conferma il primo cittadino – c’è stato un cambiamento radicale. Stiamo assistendo a un bivio, con un maggior numero di donne pronte a denunciare, a chiedere aiuto di fronte a un sospetto pericolo".
Il caso della ventenne era già stato preso in carico dai servizi sociali, in particolare dopo che a scuola era emersa una carenza di cura nel vestiario e nell’igiene della giovane, con condizione di apparente sotto-nutrizione e perfino piccoli furti di materiale scolastico che la stessa compiva in quanto sprovvista di proprio materiale.