Venerdì 26 Aprile 2024

Messina Denaro e i colletti bianchi. Arrestato l’architetto-prestanome. Gestiva i fondi Pnrr in Lombardia

Presi tre uomini legati al superboss. Uno si occupava degli appalti del Comune di Limbiate in Brianza. Il sindaco: siamo totalmente estranei alla vicenda. Il professionista aveva consulenze anche nel Comasco.

Messina Denaro e i colletti bianchi. Arrestato l’architetto-prestanome. Gestiva i fondi Pnrr in Lombardia

Messina Denaro e i colletti bianchi. Arrestato l’architetto-prestanome. Gestiva i fondi Pnrr in Lombardia

e Gabriele Bassani

BASSANI LIMBIATE (Monza)

L’architetto, il tecnico radiologo e il prestanome. È il trio di fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro che i carabinieri del Ros hanno arrestato ieri. Sono Massimo Gentile, il professionista che seguiva gli appalti del Pnrr nel Comune di Limbiate, in Brianza; Cosimo Leone, tecnico all’ospedale di Mazara del Vallo, e Leonardo Salvatore Gulotta, bracciante agricolo. Nodi importanti nella rete del boss arrestato il 16 gennaio 2023, dopo 30 anni di latitanza, e morto pochi mesi dopo. Il gip di Palermo, Alfredo Montalto, sulla coltre di omertà: "Messina Denaro è venerato e protetto anche dopo la sua morte".

In particolare, Massimo Gentile, secondo gli inquirenti farebbe "parte di Cosa nostra". L’uomo avrebbe ceduto al boss la propria identità per "fargli acquistare un’auto e una moto, sottoscrivere le relative polizze assicurative, compiere operazioni bancarie ed eludere i controlli delle forze dell’ordine" assicurandogli "la possibilità di muoversi in stato di latitanza sul territorio e contribuire a dirigere il sodalizio". Gentile, 51 anni, originario di Erice nel Trapanese, dal 2019 è dipendente del Comune di Limbiate, dove si occupa dei procedimenti del servizio Lavori pubblici e gestisce alcuni progetti finanziati col Pnrr. È cugino di secondo grado di Salvatore Gentile, boss ergastolano, sposato con Laura Bonafede, maestra arrestata con l’accusa di favoreggiamento dell’ex latitante. Bonafede è stata anche l’amante di Messina Denaro. Gli investigatori del Ros sono risaliti a Gentile, un insospettabile, da un appunto su una macchina. L’uomo vive da un paio di anni a Solaro, nel Milanese, dove si è trasferito da Limbiate: qui ha trovato casa in una palazzina di recente costruzione, con la moglie e i tre figli piccoli. In Comune a Limbiate è arrivato nel marzo di 5 anni fa e due mesi fa ha vinto un concorso per un posto da consulente al Comune di Turate, nel Comasco. Ieri mattina in Municipio sgomento e agitazione per la presenza dei carabinieri dell’antimafia col volto coperto negli uffici. I militari si sono concentrati sulla scrivania e gli armadi in uso al professionista, portandosi via il computer.

Nel primo pomeriggio, l’amministrazione comunale ha diffuso una nota in cui dichiara "la completa estraneità ai fatti che riguardano vicende non collegate alla sua attività di dipendente comunale". "Abbiamo appreso questa mattina (ieri, ndr) dell’accaduto e da subito abbiamo prestato la massima collaborazione alle autorità" precisa il sindaco, Antonio Romeo, che aggiunge: "l’amministrazione comunale ha sempre lavorato nel rispetto della legalità. Quanto sta emergendo non coinvolge in alcun modo il Comune di Limbiate. Non permetterò pertanto che questi fatti possano intaccare l’immagine dell’ente che ha sempre operato nel rispetto della legalità". Dall’indagine, coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia, emerge che nel novembre 2014 Messina Denaro, girava per Palermo, andava in banca e si recò in una concessionaria dove acquistò un’auto, una Fiat 500L. Il boss allora latitante versò mille euro in contanti e altri 9mila con un assegno circolare emesso da una filiale di Palermo. La firma è a nome di Massimo Gentile. L’architetto gli avrebbe prestato la sua identità anche per acquistare due anni prima una moto Bmw F650. Il tutto sempre nella zona tra Campobello di Mazara, Castelvetrano e Palermo.

"L’attuale ruolo pubblico ricoperto da Massimo Gentile – scrive il gip di Palermo Alfredo Montalto nella misura cautelare – oltre a destare particolarmente allarme sulla capacità di Cosa nostra di espandersi anche all’interno dei centri di spesa pubblici, determina un innalzamento ai massimi livelli delle esigenze cautelari". Altro insospettabile a finire in manette è stato Cosimo Leone, che avrebbe assicurato "al sodalizio mafioso le proprie competenze tecnico mediche nell’ospedale di Mazara del Vallo dove tra l’altro Messina Denaro è stato ricoverato da latitante" dopo la scoperta del cancro. A chiudere il trio, Leonardo Gulotta che dal 2007 al 2017 avrebbe assicurato la disponibilità di un’utenza telefonica a Messina Denaro, che avrebbe consentito al boss di gestire i suoi vari mezzi di trasporto.