Giovedì 18 Aprile 2024

Marmolada, le guide e i rischi: "Ci sono regole. Non si va in montagna con un caldo così"

Fabio Lenti, soccorso alpino: "Va cambiata la testa della gente. Con lo zero termico a 4.700 metri, i ghiacciai vanno evitati. Ormai sulle Alpi anche le salite normali sono rischiose"

Milano, 5 luglio 2022 - "Purtroppo le montagne sono cambiate e se lo zero termico è a 4.700 metri bisogna evitare di trovarsi su un ghiacciaio". Il giorno dopo il mastodontico crollo del seracco sulla Marmolada ci si interroga sui segnali della montagna. "Se lo zero termico rimane così alto non bisognerebbe andare sui ghiacciai, è la testa della gente che va cambiata – spiega Fabio Lenti, guida alpina e da anni punto di riferimento del soccorso alpino lombardo –. La cultura di montagna ti dovrebbe suggerire che se di notte gela, allora si può procedere, se non gela, bisognerebbe ritornare a casa. Ma queste regole ormai non le segue più nessuno".

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Le operazioni di soccorso sulla Marmolada
Le operazioni di soccorso sulla Marmolada

Aveva dato qualche segnale di cedimento quel seracco? Era possibile prevedere un crollo?

"Nella mia storia ho visto seracchi cadere anche alle 2 o alle 3 di notte. Perché cadono quando ci sono cambi repentini di temperatura. Quindi non è detto che in un altro orario sarebbe stato più sicuro. In questo caso non era una situazione con del ghiaccio sospeso. Faranno tutte le valutazioni, ma probabilmente è stata colpa dell’acqua che ha lavorato dall’interno per diverso tempo e poi il bordo ha ceduto".

Perché così tanta gente si trovava sulla via normale di salita sotto la minaccia del ghiaccio nell’ora più calda e nella giornata più calda dell’anno in alta quota?

"Purtroppo succede spesso. Perché se anche parti alle 3 o alle 4 del mattino dal rifugio rischi di passare lì sotto nell’ora più calda della giornata quando fai ritorno dalla vetta. Poi ripeto, non bisogna sempre cercare di dare la colpa a qualcuno quando succedono queste tragedie in montagna, o invocare a posteriori eventuali chiusure degli itinerari. Col senno di poi si possono fare tutte le supposizioni. Quello che non bisognerebbe fare è trovarsi lì sotto in queste giornate così calde. Ma lo fanno tutti regolarmente".

Oltre al clima che cosa è cambiato nella frequentazione delle montagna, soprattutto su certi itinerari in alta quota?

"Prima di tutto è cambiata la gente che frequenta le montagna. Mi impressiona molto leggere i commenti delle persone sui social, quando si dice che ci sono condizioni buone in quota. Tante persone che vanno a fare pareti Nord o altri itinerari impegnativi su ghiaccio, probabilmente non sanno quali sono le condizioni buone. Di certo in questi giorni io non mi azzarderei ad andare sui ghiacciai. Anche se le salite non sono impegnative, i “ponti” sui crepacci non tengono. Ci sono situazioni che fanno paura".

Ci sono altre salite “normali” sotto la minaccia dei seracchi in questo momento?

"È così un po’ ovunque. La Weissmies in Svizzera l’hanno chiusa perché c’è un mega seracco che pende sulla normale. La normale del Monte Bianco dal rifugio dei Cosmiques passa sotto dei seracchi ed è un rischio. La stessa cosa se si va dal rifugio Gonella. Il Cervino ormai in questo periodo è completamente asciutto ma c’è il rischio di crolli di roccia per via del permafrost che si scioglie. Anche la salita normale al Breithorn è diventata pericolosa perché si sono aperti dei grossi crepacci, ed è così anche sulla normale al Piz Palù. Le condizioni sono così ovunque sulle Alpi".

«La montagna è cambiata . Bisogna leggere i segnali. L’acqua che scorre dentro ai seracchi li fa crollare e ci sono tante situazioni come questa ormai", commenta Graziano Bianchi, 84 anni, guida alpina con decenni di esperienza nelle spedizioni su montagne di tutto il mondo.

Bianchi tuttavia ricorda anche che non solo il ghiaccio in vista è a rischio, ma anche quello sotto la roccia. Come per esempio il permafrost che nell’agosto del 2017 provocò l’immane frana sulla parete nord del Cengalo in Val Bondasca in Svizzera: quattro milioni di metri cubi di roccia piombarono a valle uccidendo diversi escursionisti e invadendo parte dell’abitato di Bondo.