Marina Abramovic, chi è l'aggressore. "Vaclav Pisvejc, artista in cerca di notorietà"

Sul web si scatenano commenti. La performer: "Con la violenza sugli altri non si fa arte". Ma non lo denuncia

Vaclav Pisvejc con Hai Weiwei

Vaclav Pisvejc con Hai Weiwei

Firenze, 23 settembre 2018 - "Ecco la foto dell'aggressore di Marina Abramović, si chiama Vaclav Pisvejc (qui con Hai Weiwei a Firenze dal suo profilo d'artista). Qualcuno se lo ricorderà quando riempì di banconote Sant'Orsola". L'immagine - presa dal sito di Vaclav Pisvej - artista pure lui, classe 1967, origine ceche - rimbalza sul web, fra gli infiniti commenti scatenati in seguito all'aggressione questa mattina a Palazzo Strozzi, Firenze, dalla Abramović .

"Se non sbaglio espose anche a palazzo Strozzi - scrive Luca -. Ha recentemente imbrattato la statua di Fischer in Piazza della Signoria. Non ha fatto un bel gesto, aggredire una signora non si fa, ma una stella dell'Arte la si può aggredire?", proseguono i commenti sui social, molti dei quali di studenti e giovani artisti, convinti che "se si guardasse l'accaduto nell'ottica dei rapporti tra poteri e contropoteri, qui si troverebbe la poetica di Pisvejc". Quello che qualcuno definisce perfino autore di "una grande performance". "Un artista in cerca di notorietà", per molti.

Lei, Marina Abramović, protagonista della grande mostra The Cleaner in corso a Palazzo Strozzi, non solo non ha denunciato il suo aggressore-artista, ma ci ha parlato. Questo il suo commento alla fine dell'incontro, che è stato emotivamente molto coinvolgente: “Il fatto è successo dopo l’ultimo appuntamento in programma nell’ambito della mostra di Palazzo Strozzi ed ero molto felice per come era andato", le parole di Marina Abramović.

"Sono uscita dalla sala dove abbiamo svolto il booksigning e c’erano tante persone ad aspettarmi per una foto o per un autografo - prosegue l'artista performativa famosa nel mondo  - . In particolare c’erano tanti giovani che mi stavano dimostrando tanto affetto, che ho sentito tanto qui a Firenze in questi giorni. Tra la folla c’era un uomo sulla quarantina che portava con sé un dipinto raffigurante il mio volto in modo distorto. Si è avvicinato guardandomi dritto negli occhi e io gli ho sorriso, pensando che fosse un regalo per me. In una frazione di secondo ho visto la sua espressione cambiare e diventare violenta, venendo verso di me molto velocemente e con grande forza".

"Sapete, i pericoli arrivano sempre molto rapidamente, come la morte stessa", sospira la performer serba è nata nel 1946 che, in 45 anni di carriera, ha realizzato opere che hanno sempre suscitato forti reazioni del pubblico: dall’autolesionismo alla scoperta dei limiti della mente.

"E bisogna essere molto vigili per cogliere la sfida. Io non l’ho visto subito. Tutto ad un tratto mi ha sbattuto in testa violentemente il quadro, intrappolandomi dentro la cornice - prosegue il suo racconto - . Tutto è successo molto rapidamente. Poi le guardie lo hanno isolato e fermato e il direttore Arturo mi ha portato nel retro del bar nel cortile di Palazzo Strozzi per tranquillizzarmi. Ero sotto shock. Ma la prima cosa che ho chiesto è stata: voglio parlare con lui, voglio sapere perché l’ha fatto. Perché questo odio contro di me? Tutti sono rimasti molto sorpresi che volessi parlare a questa persona. Ma io sono così. Non fuggo mai dai problemi. Li affronto. Quindi lo hanno portato da me e gli ho chiesto: 'Perché l’hai fatto? Qual è il motivo? Perché questa violenza?' Non gli avevo fatto niente".

"Non l’avevo mai incontrato prima. Lui ha detto: 'L’ho dovuto fare per la mia arte'. Questa è stata la sua risposta. Per me è difficile capire ed elaborare la violenza. E’ la prima volta che mi succede una cosa del genere. E ancora non riesco a capire. Con la violenza sugli altri non si fa arte. Anche io sono stata una giovane artista non famosa ma non ho mai fatto del male a nessuno - conclude - . Nel mio lavoro io metto in scena diverse situazioni e metto a rischio la mia vita. Ma questa è una mia decisione e stabilisco io le condizioni. Dopo tutto quello che è successo sono tornata in albergo. Ho fatto una doccia, mi sono cambiata la camicia e sono uscita di nuovo. In passato mi sarei arrabbiata per un fatto del genere, oggi invece provo compassione. La cosa più difficile è perdonare ma bisogna riuscire a farlo come dice il Dalai Lama".