Giustizia per Giulio Regeni. "Oggi è una bella giornata, ringraziamo tutti", dichiara la mamma Paola Deffendi. Il processo ai sequestratori, torturatori e assassini del 28enne ricercatore italiano a Cambridge, morto sette anni fa in Egitto nelle mani degli apparati di sicurezza egiziani, ci sarà e "non sarà un simulacro", promette il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco. È il gup Roberto Ranazzi, forte della recente sentenza della Corte Costituzionale del 27 settembre – nessuna immunità per il reato di tortura, inaccettabile la paralisi del processo –, a rinviare a giudizio gli alti papaveri dei servizi egiziani Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Le accuse vanno dal sequestro di persona pluriaggravato al concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate. Prima udienza in Corte d’Assise il 20 febbraio prossimo.
Regeni, che stava svolgendo una ricerca sul "ruolo dei lavoratori nella rivoluzione nell’era post-Mubarak", e in particolare sul ruolo dei sindacati autonomi, su incarico della professoressa Maha Mahfouz Abdelrahman (poi sospettata di vicinanza ai Fratelli musulmani, nemici giurati degli 007 del Cairo), sparì dalla circolazione il 25 gennaio 2016 nei pressi di piazza Tahrir al Cairo. Il 3 febbraio fu ritrovato cadavere sulla strada che collega il Cairo ad Alessandria d’Egitto. Nove giorni di sevizie. Trucidato e ridotto in condizioni indicibili. Le 300 pagine del referto autoptico illustrano torture, fratture multiple, tagli e bruciature, prima dei colpi mortali al collo e alla testa. "L’ho potuto riconoscere dalla punta del naso", le strazianti parole di mamma Paola, uscita dall’obitorio.
Da allora sette anni di battaglie sbattendo sul muro di gomma egiziano. Ma adesso, grazie alla sentenza della Consulta, gli assassini di Giulio saranno processati nonostante l’assenza dall’aula. "Poter ricostruire pubblicamente in un dibattimento penale i fatti e le singole responsabilità corrisponde ad un obbligo costituzionale e sovranazionale – rimarca Colaiocco –. Un obbligo che la procura di Roma ha cercato di adempiere con orgoglio e con piena convinzione". Il gup ammette la Presidenza del Consiglio dei ministri come parte civile, in ragione del "turbamento" sofferto dalla comunità nazionale e dalle istituzioni "per le incomprensibili motivazioni e per le crudeli modalità di esecuzione" del delitto.
"Chiediamo verità e giustizia e non ci fermeremo fino a quando non verrà fuori", commenta Elly Schlein, segretaria del Pd. Esulta anche Roberto Fico (M5S ed ex presidente della Camera): "Chiediamo giustizia per Giulio, per i suoi cari, e per tutta la nostra comunità. Non è una questione che riguarda una famiglia, ma lo Stato italiano".