Roma, 5 dicembre 2022 - Ogni strada ha la sua storia. Ogni storia ha i suoi perché. Le 29 vittime stradali del weekend appena trascorso – secondo i dati dell’Associazione amici della polizia stradale – ripropongono il tema delle cosiddette strade maledette. Tratti urbani o extraurbani spesso costellati di foto, fiori e altarini nel ricordo di altrettante vittime. O tangenziali e raccordi autostradali dove l’incidente si materializza alla minima distrazione, foss’anche la prima di un lungo viaggio.
La maggior incidentalità per chilometro – georeferenziata Aci – appartiene a cinque imbuti autostradali: penetrazione verso Roma dell’A24, diramazione A1 verso Napoli Capodichino, Grande raccordo anulare di Roma, tangenziale Ovest di Milano, raccordo di Reggio Calabria. Nessun’altra strada italiana sfiora lontanamente questi livelli, neppure le cinque statali più temute. Asse Interurbano di Bergamo, 106 ter Jonica, Prato–Pistoia, 14bis di Mestre e 227 di Portofino occupano i vertici della graduatoria. Meritevole tuttavia di nota interpretativa: incidentalità non equivale a mortalità, e la stessa mortalità va ponderata su base pluriennale. Perché basta un incidente grave, con collisione tra più mezzi, per generare una torsione statistica. Oppure per riaccreditare la cattiva fama di singoli tratti ai quali le scorciatoie emotive e la rabbia popolare tendono ad addebitare responsabilità esclusive: a quell’incrocio, a quella curva, a quella rotonda. Comprensibile, se 73 incidenti su 100 avvengono proprio nei centri abitati.
Anche Giordano Biserni, presidente dell’Asaps, mette in guardia dal rischio semplificazione: "In ogni incidente, con o senza morti, agiscono una pluralità di fattori. La strada intesa come stato del manto, della segnaletica e delle barriere di protezione, è solo uno degli elementi in valutazione. Contano solitamente di più condizioni atmosferiche, qualità del traffico, velocità di crociera, responsabilità del conducente e osservanza o inosservanza del codice stradale: vedi abusi narcoetilici o utilizzo vietato del telefonino. Senza contare la stanchezza alla guida e gli errori degli altri conducenti". C’è un solo caso in cui, secondo Biserni, la responsabilità è quasi integralmente della strada. "Quando ci sono buche, piove e si guida una moto. Non sai quant’è profonda la buca, lo capisci quando ci passi sopra". E altrettanto pericolosi sono i vecchi guard-rail: "I paletti di sostegno possono affettare un centauro se ci finisce sopra anche a velocità non elevate". Infatti le cause contro gli enti gestori si moltiplicano, mentre le sostituzioni delle barriere così come le manutenzioni del fondo stradale hanno un ritmo troppo lento.
L’Aivis (Associazione italiana vittime incidenti stradali) chiede di inserire nell’iter dei neopatentati "un corso obbligatorio sull’incidentalità stradale". Per far capire "cosa significhi subire e provocare un incidente". Vite spezzate o rovinate. Lo ribadiscono i numeri: nel 2021 i morti italiani stradali ammontano a 4,9 ogni 100 mila abitanti. Ma dal Friuli (6,8) al Lazio (5) ben 12 regioni superano la media nazionale. Frenare l’ecatombe è il minimo. Su qualsiasi asfalto.