Domenica 15 Settembre 2024

La vicepresidente Coni: "Solo in settantasette hanno usato i sussidi"

Silvia Salis: la platea potenziale è di un milione

Silvia Salis, vicepresidente vicario Coni

Silvia Salis, vicepresidente vicario Coni

Dati precisi su quante siano le atlete in attività che hanno figli o stanno affrontando una gravidanza è impossibile averne. Andrebbe scandagliata federazione dopo federazione e stabiliti precisi criteri di selezione per l’indagine: solo le appartenenti alle massime serie o le olimpiche? Chi pratica sport singoli o di squadra? E poi tante donne hanno figli a fine carriera e quindi non rientrerebbero nella statistica.

"È semmai importante riflettere sul fatto che sempre più di frequente vediamo atlete che hanno figli con sé o che affrontano la gravidanza nel corso della carriera, visto che la durata di questa si sta allungando, e poi riprendono l’attività". Silvia Salis, vicepresidente vicario del Coni, ex martellista italiana e mamma da meno di un anno di un bambino, ha a cuore il tema come dirigente sportiva e come donna, genitore e lavoratrice.

Perché dietro i grandi nomi che vediamo apparire con prole affianco o in braccio in contesti come quelli di Parigi 2024, le cronache locali ci raccontano ancora oggi di atlete discriminate perché scelgono di diventare madri, visto che solo le più fortunate hanno contratti che le tutelano. "Ci sono le tesserate nei Gruppi sportivi militari e nei Corpi di polizia, che hanno tutte quelle garanzie specifiche del lavoro statale". Ma le altre?

Nel 2018 un tavolo ministeriale, del quale Salis ha fatto parte come membro della Commissione atleti del Coni, affrontava questo tema e prevedeva la creazione di un fondo maternità. Fondo che è stato poi stanziato, con l’intento di garantire il principio di pari opportunità in ambito sportivo, assicurare il diritto di coniugare la carriera con la vita da madre e favorire il sostegno alla maternità delle atlete non professioniste. "Sono stati stabiliti dei criteri equi e il più possibile inclusivi per l’accesso, trasversali a tutti gli sport – aggiunge la dirigente –. Diecimila euro per ciascuna, a coprire il periodo della gravidanza. Ovviamente è un piede nella porta, non è risolutivo, ma è stato un passo avanti perché riconosce alle donne atlete una condizione di lavoratrice. E, guardando agli sport dove non ci sono i gruppi sportivi militari (come quelli di squadra), è sicuramente qualcosa che permette di tirare il fiato in quel periodo".

Tra il 2018 e il 2023 ne hanno usufruito però soltanto in 77: un numero estremamente basso, se si considera la platea potenziale di donne atlete in Italia, che secondo i dati del Coni sono più di un milione. "Andrebbe fatto conoscere di più perché è uno strumento importante che le atlete hanno e che lo Stato mette a disposizione".

Oltre a questo anche il Coni ha messo in campo due misure specifiche per la questione atlete-mamme: un fondo che permette alle madri di poter spesare un accompagnatore in modo che possano portare i figli con sé alle gare o ai raduni, fondamentale sia per la condizione familiare che per il loro benessere psicologico; e per le appartenenti al Club olimpico un contributo al 100% per l’anno nel quale queste affrontano la gravidanza e all’80% per il successivo.

"Io ho un bambino di 10 mesi quindi conosco abbastanza da vicino il tema. E penso che misure come queste siano un segno importante, perché è un privilegio per poche essere tutelate. Però dobbiamo guardare al contesto generale italiano, in cui l’ambito sportivo si inserisce ma non è il solo e dove la maternità è un ostacolo al lavoro, e quindi anche alla carriera da atleta, e il mantenimento del lavoro è un ostacolo alla maternità".

Marianna Grazi