Martedì 15 Ottobre 2024
FILIPPO DONATI
Cronaca

Alluvione, la tentazione di andare via : "Non vogliamo più vivere qui. Dateci una casa in una zona sicura"

La famiglia Ierpi abita vicino a Riolo Terme e ha paura: è la quarta volta sott’acqua in sedici mesi: "Il vero padrone delle nostre vite è il fiume Senio”

La tentazione  di andare via : "Non vogliamo più vivere qui. Dateci una casa in una zona sicura"

La famiglia Ierpi abita vicino a Riolo Terme e ha paura: è la quarta volta sott’acqua in sedici mesi

Faenza (Ravenna), 21 settembre 2024 – Gianluca Ierpi e la moglie Alessia Lazzerini furono i primi, un anno fa, a pronunciare un termine allora proibito: "delocalizzazione". Nella loro casa nel quartiere di via Fornace, appena a monte di Riolo Terme, sull’Appennino ravennate a poche centinaia di metri dalle fonti sulfuree e dalle piscine del Grand Hotel, loro non vogliono più viverci. L’altro ieri il quartiere si è allagato per la quarta volta in sedici mesi: accadde il 2 maggio 2023, il 16 maggio, poi di nuovo il 2 novembre, e infine ora. Con una lettera alla Regione e al commissario Figliuolo chiesero, lo scorso inverno, di essere delocalizzati: lo fecero mentre tutti o quasi chiedevano la messa in sicurezza del territorio; nel corpo a corpo tra le aree urbanizzate e l’Appennino in frantumi, loro avevano deciso di gettare la spugna per le troppe ferite subite.

Gianluca Ierpi, vi hanno mai risposto?

"La struttura commissariale ci scrisse dicendo che la situazione era ancora in una fase d’emergenza, che la priorità era mettere in sicurezza il territorio. Nei segmenti temporali successivi si sarebbero trattati i temi maggiori quali i letti dei fiumi. Si parlò vagamente pure di possibili rilocalizzazioni della popolazione, della necessità di un accordo fra gli enti".

Nel frattempo è arrivata la quinta alluvione dal 2014 a oggi.

"Esatto. I tempi di ritorno per noi furono inizialmente di appena nove anni, fino al 2 maggio 2023. Poi sono stati di due settimane, fino a quel 16 maggio che ricordiamo tutti, e ora di sedici mesi. Ogni volta che piove per due giorni di seguito le nostre case si allagano. Ma non so neppure se possiamo ancora chiamarle ‘le nostre case’: il vero proprietario qui non sono io, e neppure la banca presso cui ho ancora acceso un mutuo; l’autentico padrone è il fiume Senio. Questa è ormai una cassa d’espansione naturale: sono le case ad essere poste sotto il livello del fiume. Ci domandiamo quante volte ancora dobbiamo essere alluvionati prima che le autorità prendano una decisione".

Qualcuno si è mostrato interessato ad acquistare la vostra casa. Avreste potuto lasciarvi finalmente tutto alle spalle, giusto?

"A farsi avanti fu una signora polacca che cercava una casa per un parente. La proposta era pure finanziariamente congrua, ma io e mia moglie abbiamo detto di no. L’ipotesi che qui potesse arrivare una famiglia con dei bambini ci terrorizzava. Noi non ci stiamo ad andarcene, lasciando in eredità la nostra situazione a qualcun altro più sfortunato di noi. Significherebbe vivere in una repubblica in cui vige il ‘si salvi chi può’, e non possiamo accettarlo".

I sindaci sembrano restii a sancire l’abbandono di pezzi d’Appennino, lo ha percepito anche lei?

"Comprendo che l’ombra incombente dello spopolamento li spaventi. Ma dobbiamo tutti renderci conto che il clima è cambiato, che certe scelte urbanistiche fatte decenni fa, forse sbagliate già allora, oggi appaiono alla stregua di follie. Non voglio puntare l’indice contro qualcuno o scatenare una caccia alle streghe: gli amministratori di quel periodo sono probabilmente già scomparsi. Tocca a chi oggi siede nelle istituzioni trovare quella dose di coraggio, davvero minima, per cambiare le cose. Alla sindaca del mio Comune, venuta a trovarmi, ho chiesto di prendere atto della situazione: vedo che la sensibilità sta evolvendo".

È lo spettro di vedere mezza Romagna delocalizzata a spaventare?

"Se ci sono situazioni pericolose occorre trovare dei rimedi. In Francia le cosiddette ‘zones noires’, interdette all’abitazione, furono decise già dopo la tempesta Xynthia del 2010".