di Anna Giorgi
e Gabriele Moroni
L’invio delle 58 pagine di relazione scritte dal sostituto procuratore generale, Cuno Jacob Tarfusser, direttamente alla Corte d’Appello di Brescia, competente a decidere sulla revisione del processo che ha condannato all’ergastolo Olindo Romano e Rosa Bazzi, ha avuto come unico esito, per ora, quello di creare una frattura netta con i vertici della procura generale. Lo ha ribadito anche ieri, il capo della pg Francesca Nanni, che l’atto di invio da parte del sostituto Tarfusser è "arbitrario, non consentito da alcuna norma di legge". Soltanto al capo della pg e all’avvocato generale dello Stato è riservato questo potere di trasmissione, non slegato da una loro preventiva valutazione degli atti e nessun tentativo di scavalcare queste competenze è legale. Tradotto in pratica il documento arrivato sul tavolo della Corte d’Appello di Brescia resterà fermo al primo step e senza alcuna "presa in consegna", fino a quando Nanni e Tontodonati (quest’ultima avvocato generale dello Stato), non decideranno di inviarlo a loro volta o di avallare in qualche modo l’invio del sostituto Tarfusser. Palla al centro, quindi, in una vicenda che si è chiusa 16 anni fa, dopo un primo grado a Como, un secondo grado a Milano, una Cassazione a Roma, tre gradi di giudizio, davanti a 26 giudici.
E Nanni ha spiegato che ci vorrà almeno un mese, forse di più, per fare una valutazione attenta a questo punto "più nel merito" delle "nuove prove" portate dal sostituto pg a sostegno di una tesi di innocenza dei coniugi Romano. Come a dire che ormai la violazione delle procedure è cosa fatta, il chiarimento personale per ricucire i rapporti sarà solo questione interna agli uffici della procura generale.
Quando Nanni e Tontodonati avranno analizzato la reale portata delle nuove prove e le dichiarazioni dei due testimoni, solo allora si faranno una loro idea di quanto è successo la notte della strage, che non necessariamente collima con quella di Tarfusser.
Dopo, solo dopo, potranno decidere di non formulare alcuna richiesta di revisione e tutto resterebbe all’ultima sentenza definitiva di ergastolo. Per ora le "famiglie di Erba" hanno affidato i loro pensieri ai social. A Beppe e Pietro Castagna vennero strappati la madre Paola Galli, la sorella Raffaella e il suo bambino Youssef. Parlano di "rabbia dolorosa" e per la prima volta anche di "tanta stanchezza" nel loro ultimo post pubblicato su Facebook: "Ogni anno, da quindici e più anni dobbiamo sopportare campagne innocentiste su giornali, su canali tv, da parte di trasmissioni che non si sono fatte neanche problema ad additarci come reali mandanti o esecutori. Adesso arriva anche il sostituto procuratore… e ancora noi a dover rispondere ai giornalisti che insistentemente vogliono conoscere la nostra opinione... Vorrei chiarire agli analfabeti funzionaliodiatori, che noi siamo stati semplicemente parte civile nei processi, in poche parole, non abbiamo condannato noi i loro beniamini. Vorrei anche ribadire che abbiamo assistito a ogni grado processuale e ci siamo convinti della colpevolezza dei coniugi Romano. Però, non ne possiamo più. Iniziamo, per assurdo, a mettere sul piano della bilancia la nostra serenità con la loro libertà. In poche parole stanno vincendo per sfinimento. Liberateli e non rompeteci più!".
Ha scelto il silenzio Elena, una dei due figli di Valeria Cherubini, la vicina del piano di sopra, l’ultima vittima, e di Mario Frigerio, l’unico sopravvissuto, che con la sua testimonianza inchiodò Olindo Romano. Chi le ha parlato ha raccolto molto dolore e ascoltato il suo pianto. Dalla Tunisia nessun commento da parte di Azouz Marzouk, il marito di Raffaella Castagna, il padre del piccolo Youssef. "Se questa indicazione – dice il suo avvocato, Luca D’Auria – dovesse svilupparsi nel senso di una effettiva revisione del processo, Azouz sarà come sempre a disposizione per il raggiungimento della verità, ma al momento riteniamo giusto attendere quale esito avrà e successivamente espliciteremo le nostra determinazioni".