Che cosa è il male, come ci si riscatta, come raccontare donne non sempre vittime ma talvolta carnefici in un gioco di ribaltamento e speranza che recuperi quei sogni di infanzia e che riporti alla bellezza, alla poesia, al sentimento che deve unire tutti noi. Una riflessione profonda che, nella prima puntata dei vodcast di QN sulla condizione femminile, la direttrice di Quotidiano Nazionale, Agnese Pini, fa con una importante scrittrice che nel suo ultimo libro affronta appunto il male, quella cosa, dice Silvia Avallone, autrice di successo in libreria con ‘Cuore nero’ (Rizzoli), che "non dovrebbe esistere, che è uno scandalo, il nero ingiustificabile nella creazione".
Ospite del nostro giornale e del vodcast, la quarantenne biellese ma bolognese di adozione, racconta appunto che cosa sia per lei la letteratura e come debba affrontare i rapporti fra le persone e che cosa il male rappresenti. "La cosa più difficile da accettare – spiega Silvia Avallone – è la forma nuda del male, quella che non porta dietro giustificazioni. Il mio amore per la letteratura viene da una poesia imparata in terza elementare nella Valle Cervo dove sono cresciuta e dove, nel borgo di Sassaia, questa storia è ambientata: ‘Novembre’ di Giovanni Pascoli dove non si ha paura di pronunciare la parola morte. Scrivendo il mio libro ho pensato a questo: al potere della parola letteraria, al suo coraggio, solo la letteratura può tenere insieme la complessità del male e i tentativi di riparare ad esso".
Sull’uso delle parole Avallone non ha dubbi: "Cambiano il pensiero: abbiamo bisogno dell’arte, della lettura perché siamo più liberi di guardare, addentrarci nelle cose, approfondire la realtà. Leggere e scrivere sono modi di abbracciare la realtà e comprenderla, stimolano la curiosità del fanciullino, per rimanere a Pascoli, che abbiamo dentro. Combattono la paura nella quale ci chiudiamo quando non vogliamo farci domande scomode".
La storia del romanzo è un riscatto: Emilia ha ucciso quando era giovane e ha passato quindici anni in un carcere; incontra Bruno che di quella vittima era parente. Insieme riusciranno a percorrere quella "adolescenza traumatizzata" e a trovare le esperienze che sono mancate e il perdono. "Il male si può fare per debolezza – dice la scrittrice –, me lo hanno raccontato i miei personaggi. Fare il bene è più faticoso. Per reagire al male bisogna incontrare un’altra persona, guardarsi negli occhi e tendersi la mano. Mi viene in mente ciò che mi ha detto il cardinale Zuppi: il male esiste perché siamo liberi e il bene deve essere una scelta".
La scrittrice ragiona anche sui rapporti fra donne e uomini. "C’è ancora tantissimo da lavorare per la parità – dice Avallone –. Quella reale è l’antidoto alla violenza di genere, al non riconoscimento di una persona: ti sottometto, ti derubrico a possesso, non accetto la tua libertà. Sono preoccupata se penso alle mie figlie, ma anche determinata nell’educazione alla costruzione con parole nuove di un mondo in cui le donne abbiano la stessa libertà, dignità e completezza dell’uomo. Dobbiamo liberarci di tutti i sensi di colpa di quando pensiamo di andare fuori dagli schemi; siamo state educate a piacere, ma dobbiamo aiutarci a non piacere, a desiderare e a non essere desiderate, a stare fuori nel mondo e costruire una storia diversa perché finalmente le donne possono portare un altro sguardo: possiamo dare tanto cambiando gli assetti della famiglia, del lavoro e della società".