Oggi compirà 45 anni, ma quello del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, è un compleanno all’insegna della preoccupazione per le sorti della guerra e, adesso, anche per i problemi interni. Il premier in meno di dieci giorni ha visto le forze armate ucraine messe a dura prova nelle battaglie per il controllo di Soledar, che i russi non sono ancora riusciti a conquistare e deve fare i conti con la minaccia di una nuova, grande invasione di terra da mezzo milione di persone che la Russia sta organizzando per la primavera.
Il Paese deve ancora riprendersi dallo choc della settimana scorsa, quando un elicottero è precipitato, uccidendo il ministro degli Interni, Denys Monastyrsky, uno dei fedelissimi del presidente e soprattutto un uomo con alle spalle una lunga esperienza nell’intelligence. Ieri Kiev, ha avviato un vero e proprio repulisti, dopo che in molte parti del Paese sono spuntate accuse di corruzione a cui non è estraneo nemmeno l’esercito. Per il momento, Kiev ha cambiato cinque governatori regionali e quattro vice ministri. A perdere la testa, metaforicamente parlando, sono stati i presidenti delle regioni di Dnipropetrovsk, Zaporizhzhia, Sumy, Kherson e persino quello della capitale Kiev, Oleksiy Kuleba. Ma quest’ultimo (da non confondere con il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba) in realtà è stato destituito, secondo quanto reso noto da un decreto pubblicato sul sito della presidenza ucraina, solo per prendere il posto di Kyrylo Timoshenko. Il vice capo dell’ufficio presidenziale ucraino, considerato ‘un intoccabile’ ha presentato ieri le dimissioni. Zelensky le avrebbe accettate senza troppa difficoltà.
Hanno dovuto lasciare il loro incarico anche il vice ministro della Difesa, quello delle Politiche Sociali e due in forse al ministero dello Sviluppo Territoriale. I motivi del siluramento sono diversi, non sono tutti della stessa gravità, segno che la linea del premier è all’insegna della ‘tolleranza zero’. Un particolare che la dice lunga sul clima di sospetto che si respira adesso Kiev.
Tymoshenko infatti si è dimesso perché accusato di aver utilizzato un veicolo fuoristrada che era stato donato all’Ucraina per scopi umanitari. Ben più grave la colpa del vice ministro della Difesa, Vyacheslav Shapovalov, che è rimasto coinvolto nello scandalo che riguarda un contratto firmato a un prezzo gonfiato per i prodotti alimentari destinati ai soldati.
Sugli altri pesa il dubbio, infamante, di aver intascato tangenti fino a 400mila dollari per aver acquistato generatori di corrente. Mosca non si è lasciata scappare l’occasione per attaccare l’avversario. La portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha parlato di una dirigenza ucraina "che si sta spartendo la torta".
Alla luce di quest’accusa, la mossa di Volodymyr Zelensky appare ancora più motivata. Gli scandali riguardano figure legate alla futura ricostruzione del Paese, che costerà decine di miliardi di dollari e alla quale l’Ucraina non può arrivare con la fama di nazione corrotta anche in stato di guerra. Per il presidente rimane un colpo durissimo. Fra sospetti di infiltrati russi e mancata onestà, può fidarsi sempre di meno gente. Proprio quando ne avrebbe invece più bisogno.