Martedì 23 Aprile 2024

La prima donna a guidare i bus Superò anche i pregiudizi

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di Nino Femiani

Addio a Giulia Solomita, la "Rosa Parks" del volante, la donna che riuscì a scalfire il monopolio maschile al volante di un autobus. È morta a 85 anni nella natìa Satriano di Lucania (Potenza) e il suo nome andrebbe ricordato nei libri perché riuscì con la sua tenacia a essere la prima a ottenere una patente della categoria "D pubblica". Giulia dovette scalare montagne per ottenere la sospirata patente. Dovette dimostrare di essere più brava degli uomini e vincere pregiudizi e diffidenze da parte degli esaminatori che storcevano la bocca vendendola sul sedile del guidatore. Tutto nacque dalla necessità. Giulia, che allora aveva 25 anni, gestiva con il marito la ditta di autolinee Camera. Era il 1962 e i due avvertivano nell’aria il boom che li spingeva a ingrandirsi e ad acquistare nuovi bus. Ma non potevano pagare un altro autista, così Giulia decise: "Guido io, prendo la patente D". In quegli anni, la mentalità del Sud era molto conservatrice e Giulia dovette vincere luoghi comuni e sarcasmi. "Andavo alla scuola-guida di pomeriggio, a giorni alterni – ha raccontato in occasione del suo ottantesimo compleanno – ma non è stato semplice. Essendo la prima donna che chiedeva di fare l’esame, nessuno si voleva prendere la responsabilità di esaminarmi. Così ogni volta l’ingegnere della Motorizzazione mi rimandava a una nuova data, e dovevo attendere altri 40 giorni. Ogni volta vedevo i candidati uomini che superavano la prova. Ma non mi sono abbattuta, anzi forse ho preso io per sfinimento l’ingegnere".

Un esame che non fu facile. "Mi fecero un bel po’ di domande poi mi misero un motore davanti e mi chiesero di smontarlo. Lo feci. Ma quella era solo la teoria. Poi c’era la pratica". Dove le avevano piazzato il trappolone: guidare un bus davanti a una scuola elementare nell’orario di uscita degli studenti. Ma anche in quest’occasione Giulia si dimostrò una fuoriclasse, ricevendo i complimenti dell’ingegnere. Il quale però non mollò la presa e per mesi continuò a "sorvegliare" la donna-autista per verificare se avesse fatto bene a darle la patente. "Una volta mi seguì fino a Napoli, dove stavo trasportando una scolaresca", ricordò Giulia.