di Antonella Coppari
Ci saranno pure i tempi supplementari. Complici dei calcoli sbagliati – l’errore vale quasi mezzo miliardo – stamani la manovra dovrà tornare in Commissione bilancio, che ieri l’aveva licenziata all’alba. Dopo il caos, i lavori interrotti, la maratona notturna ci mancava l’emendamento "approvato per sbaglio" che puntava a dar ossigeno ai conti dei comuni. La tabella di marcia sarà rispettata, dicono a Palazzo Chigi. "Oggi il governo metterà la fiducia che sarà votata domani: sabato al più tardi la Camera varerà il provvedimento". Il 27 approderà al Senato, dove verrà approvato a scatola chiusa. "Si è ripetuto un rito tipico, non lineare né razionale", smorza le polemiche il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Ma con Giorgia Meloni martedì ha sudato freddo: per ore hanno temuto che l’impianto della legge di bilancio franasse.
Colpa dell’emendamento sullo scudo penale. Il ministro delle imprese, Adolfo Urso è netto: "È una richiesta di Forza Italia". In via della Scrofa, hanno capito subito che il modo migliore per scrollarsi l’accusa di ’salva-evasori’ era puntare il dito contro agli azzurri. Ma il viceministro della giustizia, Francesco Paolo Sisto, padre della misura non ci sta e non solo difende la bontà di una scelta "che non era un condono" ma dice che ci aveva lavorato anche il Mef "con il viceministro Leo", esponente di FdI. È certamente vero che i due viceministri avevano affrontato la questione tempo fa, ma poi tutto era sfumato. Dunque? Per i bene informati Giorgetti si è trovato la polpetta avvelenata sul tavolo. Il dissenso, peraltro, non è di merito, ma di metodo: quell’emendamento era un invito all’ostruzionismo rivolto alle opposizioni che non avrebbero mancato di accogliere. "Se andate avanti – la minaccia di Pd e M5s – ci sarà l’esercizio provvisorio". Di qui la telefonata del ministro Giorgetti alla premier: "Dobbiamo cancellarlo subito, altrimenti salta tutto". Con il vicepremier azzurro Antonio Tajani che si prodigava per portare la calma tra i suoi.
Detto fatto, ma gli strascichi restano. Il titolare del Mef sta meditando di richiamare in servizio un tributarista di fiducia come Enrico Zanetti, ed essendo il fisco la ’materia’ di Leo qualche sospetto di commissariamento sorge. E per Berlusconi, che nel passaggio parlamentare qualcosa pure ha ottenuto, la vicenda conferma la distanza tra il suo approccio e quello di Giorgia Meloni. Lo ammette lui stesso in un’intervista quando spiega che dei suoi consigli lei si disinteressa, anzi non li chiede neppure. Renzi – infuriato per la sostituzione della 18app con la carta giovani – intravede l’occasione e si lancia, riempiendo di complimenti il Cavaliere. Che fa altrettanto. È sempre più evidente che la tensione principale nella maggioranza è tra la nuova regnante e Berlusconi. Per questo la decisione della premier di disertare all’ultimo momento Porta a porta, giustificata con una indisposizione, è stata interpretata da molti come una classica malattia diplomatica: meglio far decantare e presentarsi in tv oggi, con la manovra in aula.
Certo, il rischio dell’incidente è dietro l’angolo. Ieri, quando tutto era compiuto, il governo e la maggioranza si sono accorti di aver votato nella notte un emendamento a favore dei comuni (tra le proposte del Pd, che assicura però di non aver avuto un ruolo nella ricomparsa) che stanziava 450milioni senza averli. Inevitabile lo stralcio, previo ricorso in commissione. Sia ben chiaro: l’opposizione non vuole arrivare all’esercizio provvisorio, rischio che avrebbe corso solo davanti a un provvedimento clamoroso come lo scudo penale. La minoranza punta a dare battaglia sulla conversione del dl rave: alla fine del mese. La manovra da 35 miliardi, invece, dovrebbe essere definitiva. Colpi di scena permettendo: la scorsa notte, per dire, la tensione maggiore si è registrata quando si è parlato di cinghiali. I verdi sono insorti contro la norma che consente di abbattere i suini per le vie della città in nome della sicurezza stradale. Sono volate parole grosse. Ma la maggioranza ha fatto muro, i cinghiali potranno essere uccisi, e in tempi di crisi come questi, anche mangiati.