di Gabriele Moroni
GARLASCO (Pavia)
Da quattro mesi Alberto Stasi respira per qualche ora l’aria della libertà. Il 24 gennaio il Tribunale di sorveglianza di Milano lo ha ammesso al "lavoro esterno". Così ogni giorno l’ex bocconiano, che oggi ha 39 anni e non ha mai smesso di proclamare la sua innocenza, lascia il carcere di Bollate dove sconta una condanna definitiva a 16 anni per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, il 13 agosto 2007 a Garlasco. Raggiunge una società dove svolge mansioni di carattere amministrativo e contabile, poi fa ritorno in carcere. Con prescrizioni precise circa orari, tragitti, mezzi di trasporto, persone con cui può colloquiare, oltre a quelle nell’ambito lavorativo.
Una prima richiesta di "lavoro esterno" era stata respinta, nell’autunno scorso, dalla giudice di sorveglianza Maria Paola Caffarena. Il difensore di Stasi, Giada Bocellari, aveva presentato un "reclamo" al Tribunale di sorveglianza (un collegio misto di magistrati ed esperti). Il legale faceva presente come il suo assistito avesse abbondantemente scontato un terzo della pena (primo requisito per il lavoro fuori dal carcere) e come fossero assolutamente positive le relazioni sul comportamento, la personalità, la psicologia del detenuto, che non mostrava alcuna problematicità. Motivazioni accolte nel giudizio collegiale.
Da parte di Rita Preda, la madre di Chiara Poggi, la compostezza di sempre accompagnata da una profonda amarezza: "L’abbiamo saputo dai giornali. Avrebbero potuto avere un minimo di cortesia e informarci. Invece non sapevamo niente e avremmo anche potuto incontrarlo in strada a Milano. Ce lo aspettavamo, eravamo consapevoli che da un momento all’altro sarebbe uscito per lavoro. Lo prevede la legge. Ma noi siamo i genitori di Chiara e non possiamo certamente essere contenti. Dopo sette anni è già fuori. Ma la legge è questa e basta. Non possiamo farci niente. Per il risarcimento lui versa una parte del suo stipendio, ma non è l’indennizzo quello che conta. Il nostro stato d’animo di oggi è tutto per questa notizia: chi ha ucciso nostra figlia è già fuori. Le scuse? Mai fatte, niente".
"Dal 30 giugno – dice l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, da sempre legale di parte civile della famiglia Poggi – entrerà in vigore quella parte della riforma Cartabia sulla giustizia riparativa. Lo scopo è di portare la vittima in una posizione più centrale. Non era ancora applicabile quando il Tribunale di Sorveglianza ha preso la sua decisione per Stasi. Quello che lascia in qualche modo perplessi è che questo percorso lavorativo possa consentire a Stasi una rielaborazione del male fatto. Ci auguriamo che possa essere così, ma a oggi non si è visto da parte sua nessun segnale di resipiscenza. È necessario qualcosa di più del risarcimento da parte di chi è stato condannato per un omicidio tanto violento, un segnale verso i genitori di Chiara".
Per il risarcimento una transazione con la famiglia Poggi impegna Alberto Stasi a versare 700mila euro. Finora ne è stata liquidata circa la metà e Stasi versa ogni mese 300 euro. "Per il ‘lavoro esterno’ – dice il difensore Giada Bocellari – si tratta non di un beneficio ma di un diritto riconosciuto a tutti i detenuti che ne abbiano i requisiti. Fa parte del programma trattamentale previsto dall’ordinamento penitenziario. Ricordiamoci che Stasi è già stato processato e che in fase esecutiva della pena sono centrali la persona del detenuto e il suo reinserimento sociale".
Stasi ha il fine pena nel 2030, ma per buona condotta con lo scomputo di 45 giorni di liberazione anticipata ogni sei mesi lo può anticipare nel 2028, con possibilità di chiedere l’affidamento in prova dal 2025.