KIEV
La guerra dei droni. Bombe senza volto, comandate a distanza. I russi attaccano, gli ucraini rispondono. E colpiscono. A Mosca sale l’allerta per gli aeroporti, ancora nel mirino dell’esercito di Kiev. L’ultimo episodio, nella regione di Kursk, vicino al confine con l’Ucraina, dove un serbatoio di carburante ha preso fuoco ed è bruciato per ore. Nulla a che vedere per importanza simbolica con gli attacchi di lunedì a due basi di bombardieri strategici nelle regioni di Ryazan e Saratov, a centinaia di chilometri dalla linea del fronte, con un bilancio di tre militari morti e quattro feriti. Comunque un segnale che per il Cremlino conferma l’esigenza di prendere tutte "le misure necessarie per garantire la sicurezza" di fronte "ai continui attacchi terroristici di Kiev sul territorio russo".
Le parole del portavoce del Cremlino Dmitry Peskov danno la misura della preoccupazione di Mosca per la nuova strategia che l’Ucraina – senza rivendicare ufficialmente queste operazioni – sembra decisa a portare avanti per far mostrare al nemico di poterlo colpire anche nel suo territorio.
Non è dato sapere se di queste mosse siano stati informati preventivamente gli Usa, che per scongiurare il pericolo di un coinvolgimento diretto nel conflitto hanno più volte rifiutato di fornire a Kiev missili capaci di raggiungere obiettivi così distanti. Ma sicuramente ne hanno parlato i ministri della Difesa americano, Lloyd Austin, e ucraino, Oleksii Reznikov, in un colloquio telefonico in seguito al quale il Pentagono ha detto di volere continuare a sostenere Kiev soprattutto nella "difesa aerea".
Intanto, all’indomani della pioggia di missili russi che hanno colpito l’Ucraina dopo gli attacchi alle due basi, il presidente Volodymyr Zelensky ha visitato il Donbass, portandosi vicino alla linea del fronte in occasione della Giornata delle Forze armate. Quasi una risposta alla trasferta che il giorno prima ha visto protagonista Vladimir Putin sul ponte che unisce la Crimea alla Russia. Zelensky ha visitato Sloviansk, a circa 40 chilometri da Bakhmut, attualmente il principale e più sanguinoso campo di battaglia nella regione. Nel Donbass le forze ucraine avrebbero perso solo nel mese di novembre 8.300 soldati, stando alla cifra fornita dal ministro della Difesa russo Serghei Shoigu, che ha invece taciuto sul tributo di sangue versato dalle sue truppe. L’unico canale di dialogo a dare per ora risultati riguarda lo scambio di prigionieri. Ieri ne sono stati liberati 60 per parte. Ma i bombardamenti continuano. Le autorità locali ucraine riferiscono che i russi hanno colpito l’edificio del servizio idrico di Kherson uccidendo un impiegato. Dall’altra parte, il sindaco filorusso di Donetsk ha dichiarato che sei civili sono morti in un bombardamento ucraino con razzi Grad, lanciati contro un mercato e la stazione sud degli autobus.
Sul fronte diplomatico le sole dichiarazioni arrivano dal presidente francese Emmanuel Macron, che parla anche della necessità di "discussioni territoriali sull’Ucraina", aggiungendo però che su di esse sarà Kiev a dover decidere. Il Cremlino invece non vede "prospettive per i colloqui di pace".
Alberto Pieri