di Andrea Bonzi
Non chiamateli più ‘patrioti’. La giunta di Bologna modifica la toponomastica di piazze, giardini e vie della città: la denominazione per chi si oppose al nazifascismo è ‘partigiano’ o ‘partigiana’. Finiscono in soffitta tutti gli altri ‘sottotitoli’ – da ‘patriota’, appunto, a ‘caduto per la Liberazione’ -, cioè le brevi frasi abbinate ai toponimi che hanno la funzione di descrivere il personaggio a cui è dedicato un determinato luogo pubblico. Restano solo ‘partigiano’ o ‘partigiana’, accompagnati dall’eventuale onorificenza al merito. In tutto si tratta di un’ottantina di cartelli da modificare o emendare. Una mossa revisionista? Addirittura cancel culture di sinistra?
Le parole, si sa, sono importanti. Soprattutto in politica. E questo cambio arriva proprio con i ‘patrioti’ di Fratelli d’Italia al governo: quello, infatti, il nome scelto dal partito di Giorgia Meloni per indicare i propri sostenitori. "Il nostro messaggio è chiaro e trasparente – diceva l’attuale premier in campagna elettorale –: essere il movimento dei patrioti italiani". La cancellazione tout court della parola dalla toponomastica bolognese, dunque, può mai essere una semplice coincidenza nella "città più progressista d’Italia", come ama chiamarla il sindaco Matteo Lepore?
"La nostra decisione nasce dal desiderio di uniformare i sottotitoli, ci lavoravamo dall’anno scorso", si limita a dire Simone Borsari, assessore alla Toponomastica. Che poi non nasconde una sottolineatura: "È anche un modo per onorare i nostri caduti e ribadire il valore fondativo dell’Antifascismo, con la città che è Medaglia d’oro, e della Resistenza". Gli esponenti locali di FdI replicano alla giunta con la stessa moneta: "Scelta singolare, si poteva procedere a rivedere alcune strade come via Lenin e via Stalingrado o altre che richiamano personaggi negativi sotto la falce e il martello. Inoltre, in un momento di ristrettezze di bilancio si investono risorse, seppure modeste, per cambiare del cartelli".
Fin qui la cronaca. Il concetto di patria, del resto, è tra i più contesi dai partiti. Negli ultimi anni il centrodestra se ne è appropriato, accostandolo in particolare alla tutela dei confini nazionali dalle pressioni esterne, a partire dall’ingresso degli stranieri. "La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino", diceva Matteo Salvini l’anno scorso, rivendicando il suo ’no’ ai migranti della Open Arms. Se si va più indietro nel tempo, però, fu il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ad attualizzare il concetto di Patria: "È orgoglio della città in cui siamo nati, nella coscienza di trovarsi tutti quanti in questa unità nazionale e, da lì, guardare all’Europa".
Ma il problema vero di una cancellazione a dir poco curiosa è storico, più che politico. Il termine ’patriota’ (mutuato dal francese patriote) in realtà rientra nel vocabolario della Resistenza esattamente come la parola ’partigiano’. "Il partigiano è colui che ha combattuto il fascismo con le armi, il patriota lo ha fatto aiutando in altri modi, dando ospitalità ai rifugiati, cedendo viveri e medicine a chi resisteva – aggiunge Anna Cocchi, presidente Anpi Bologna –. Nei nostri carteggi utilizziamo entrambi i termini, si tratta sempre di antifascisti". Tanto che i partigiani comunisti combattevano nei Gap, ovvero ’Gruppi di azione patriottica’, formati dalle Brigate Garibaldi. Che prendono il nome dall’eroe del Risorgimento e patriota cosmopolita per definizione: Giuseppe Garibaldi.