Nove ore sotto torchio Filippo Turetta, che passerà in carcere il suo ventiduesimo compleanno il 18 dicembre, e addirittura quattordici ore per l’autopsia della coetanea, ex fidanzata e vittima Giulia Cecchettin sul tavolo dell’Istituto di medicina legale di Padova: la giornata di venerdì è stata, come si pensava, cruciale per definire i contorni di questa macabra vicenda che da venti giorni sta tenendo gli italiani col fiato sospeso. Ma ora la Procura di Venezia ha qualche carta in più nell’istruire il processo nei confronti dell’omicida. Anche se le attività di indagine non finiscono certo qua: il pm Andrea Petroni tornerà a interrogare Turetta in carcere; il Ris di Parma comincerà a esaminare anche l’auto della fuga in arrivo dalla Germania oltre al lavoro che sta facendo su tutti i reperti catalogati in via Aldo Moro a Vigonovo, nella zona industriale di Fossò e nel canalone di Barcis dove il cadavere della ragazza è stato ritrovato.
Intanto Filippo, che davanti alla gip Benedetta Vitolo aveva biascicato poche cose seppur importanti – "Ho ucciso Giulia" – ha parlato al pm rispondendo a molte sue domande anche se alcune farcite di "non ricordo" e del mantra "non so che cosa mi è scoppiato in testa, devo ricostruire la mia memoria". "Colpivo Giulia, l’ho vista morire", lei cercava disperatamente di difendersi a mani nude ha dichiarato. "L’amavo, la volevo solo per me, non accettavo che fosse finita. Quello che ho fatto è comunque orribile e ne voglio pagare le conseguenze" ha ripetuto Turetta, che non si rassegnava e vedeva nelle amiche della Cecchettin e nella sorella Elena le sue nemiche, quelle con le quali lo avrebbe "tradito". In un racconto costellato di lacrime, fiato che se ne andava, tentennamenti, ma senza avere mai chiesto del cibo, Filippo ha detto che all’ennesimo no di Giulia a rimettersi con lui – pronunciato nel parcheggio di via Aldo Moro, 150 metri da casa di lei dove sono stati visti dal testimone che ha inutilmente chiamato i carabinieri – ha estratto il coltello da 12 centimetri e ha cominciato a colpire la ragazza che gli diceva "stai fermo, mi fai male". Giulia tenta di scappare, ma Filippo la raggiunge e la trascina in auto chiudendole la bocca col nastro adesivo. Quindi parte per Fossò, dove nel pomeriggio era andato in sopralluogo. Qui avviene l’assalto finale: fendenti al torace e al collo, ma senza colpire giugulare o carotide, fino a quello mortale che recide l’aorta: Giulia sviene e muore in breve tempo dissanguata.
La narrazione deve essere completata, il pm interrogherà di nuovo Filippo per sapere di più sulla fuga e in attesa dei risultati dell’autopsia in attesa di contestare a Turetta la premeditazione e la crudeltà. E per capire se ci sia stata violenza sessuale e complicità nella fuga. Al momento le accuse restano omicidio volontario aggravato dal vincolo affettivo, sequestro di persona e occultamento di cadavere. L’autopsia avrebbe confermato l’uso del solo coltello da 12 centimetri e che la morte di Giulia è avvenuta a Fossò: ciò rende definitiva la competenza della Procura di Venezia. Procura che ora attende i passi della difesa soprattutto sulla perizia psichiatrica. Intanto, se nel termine di sei mesi dall’arresto saranno completate le indagini, gli inquirenti potranno chiedere il processo con rito immediato e il giudice potrà disporlo anche con eventuali altre aggravanti contestate.