Sabato 4 Maggio 2024

La Cina rossa vuole anche il Canada

Cesare

De Carlo

Mezza America non basta alla Cina comunista. Dopo quella del Sud punta al Nord. Stessa strategia: penetrazione politica e economica tramite politici e governi di sinistra. La cosa non riguarda gli Stati Uniti: i loro antidoti istituzionali sono ancora troppo forti per risentire di interferenze esterne come i russi hanno constatato. Riguarda l’immenso e ricco Canada. Lo denuncia il suo primo ministro Justin Trudeau. I cinesi si muovono "aggressivamente contro la nostra democrazia". Come? Penetrandone le istituzioni e finanziando una ‘rete clandestina’ di candidati favorevoli ai loro "interessi".

È già accaduto nelle elezioni del 2019. Undici candidati hanno ricevuto circa 250 mila dollari, secondo il Csis, il controspionaggio canadese. Gli interessi in questione sono in primo luogo economici. Il Canada è il secondo più grande Paese dopo la Russia, con appena 38 milioni di abitanti. Ed è una cassaforte di materie prime: uranio (primo produttore), carbone, petrolio, gas naturale, zinco, eccetera. E poi litio, cobalto, nichel, grafite per le batterie elettriche. Non a caso di recente Volkswagen e Mercedes Benz hanno firmato un protocollo per l’accesso alle miniere. Ebbene la Cina è già oggi la maggiore fabbricante di auto elettriche: 3 milioni, tre volte più di Tesla ma a costi due volte inferiori. In circolazione ce ne sono 8 milioni, 32 volte più che negli Stati Uniti. Ovvio che ambisca a consolidare la sua egemonia in America e in Europa in previsione della generale conversione ecologica. Altrettanto ovvio che il Canada sia la chiave di volta di questo espansionismo. Trudeau ne è allarmato. I toni smentiscono lo stile soft dei suoi sette anni da premier. Allarme giustificato. L’Occidente è distratto dall’Ucraina e intanto il presidente dittatore Xi Jinping dopo l’Africa fa anche dell’America Latina un continente cinese. E ora ci prova con il Canada. [email protected]