Giovedì 2 Maggio 2024

Iran, sfida al regime Non è solo una protesta L’Ayatollah minaccia: pugno duro coi giovani

Il leader dell’ong iraniana per i diritti umani: rivolta diversa dal passato. Le autorità rispondono con la repressione e accusano Usa e Israele

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di Lorenzo

Bianchi

"Questa protesta è diversa da tutte quelle che l’hanno preceduta". Mahmud Amiry Moghaddam, fondatore e leader dell’organizzazione non governativa "Iran Human Rights", la colloca su un gradino più alto e la reazione della Guida Suprema della teocrazia, il grande ayatollah Ali Khamenei, conferma la sua analisi. Al diciassettesimo giorno delle proteste innescate dalla morte di Mahsa Amini, 22 anni, curda, arrestata dalla "polizia per la prevenzione del vizio e per la diffusione della virtù" perché indossava il velo lasciando scoperta una ciocca di capelli, Alì Khamenei rompe un lungo silenzio. Premette in un tweet che la morte di Mahsa "è un incidente tragico che ha rattristato tutti", ma aggiunge che "la giusta reazione non è creare insicurezza, bruciare il Corano, le moschee, le banche, le auto e togliere il velo alle donne".

Alla Tv di stato la Guida rincara la dose. Sostiene che ai disordini partecipano militanti del movimento "Mojaheddin-e-Khalq Organization", che per la teocrazia iraniana sono "terroristi", oltre a separatisti, monarchici e membri della famiglia dei servizi segreti dell’ultimo shah" Reza Pahlavi spodestato dalla rivoluzione islamica dell’ayatollah Khomeini nel 1979. Per la Guida "la magistratura dovrebbe processarli". Khamenei sostiene che nel "piccolo numero di rivoltosi, ci sono anche giovani... Dovrebbero essere puniti in modo che si rendano consapevoli dei fatti". Il Grande Ayatollah rispolvera i sospetti su trame ordite altrove: "Le rivolte e l’insicurezza sono state progettate dall’America e dall’usurpatore sionista, così come dai loro agenti pagati con l’aiuto di alcuni iraniani traditori all’estero". Pugno duro nella repressione quindi. Come quello usato contro gli studenti dell’Università di tecnologia "Sharif" di Teheran, attaccati nella notte fra domenica e lunedì con colpi di arma da fuoco e con gas lacrimogeni dai Pasdaran e dalla polizia (con largo dispiegamento di agenti in borghese). Dei 36 arrestati 30 sono stati rilasciati e 6 trasferiti a Evin, il famigerato carcere dei dissidenti. L’ateneo ha dovuto sospendere le lezioni in presenza: da ieri si terranno on line.

Gli studenti di 111 università, fra le quali quelle della capitale, di Isfahan, di Kermanshah, di Tabriz, della "città santa" di Qom e di Semnan, ieri hanno scioperato. Domenica sera una folla di persone si è radunata attorno alla "Sharif", accogliendo la richiesta di aiuto delle vittime della repressione, e ha percorso in auto le strade vicine suonando clacson e gridando slogan. "Questa è una protesta – riflette Moghaddam – che ha la potenzialità di andare molto lontano. La gente si raduna ed è più determinata che in passato. Stanno emergendo elementi che possono portare a un grande cambiamento". Il fondatore di "Iran Human Rights" rileva una differenza sostanziale con le rivolte precedenti: "Fin dai primi giorni sono stati intonati slogan contro la Guida Suprema e contro la Repubblica Islamica". La differenza con le proteste degli anni scorsi è che "quella di oggi solleva temi più generali e quindi più radicali".

Nel 2009 lo slogan "dov’è il mio voto" evocava le ipotesi di brogli nella rielezione di Ahmadinejad. "Quella del 2016 e del 2017 – osserva Moghaddam – si estese a tutto il Paese, ma la sua base erano gli studenti delusi per le mancate riforme, un’attesa innescata dall’elezione alla presidenza di Mohammad Khatami. Poi arrivarono le manifestazioni del novembre 2019. In quel caso il detonatore fu l’aumento del prezzo dei carburanti. Vennero represse in sei giorni, i morti furono 1500. Il velo ha un valore altamente simbolico. Toglierlo o bruciarlo significa: non abbiamo più paura del regime". Il 17 ottobre, anticipa il settimanale tedesco "Spiegel", la Ue potrebbe decidere sanzioni contro 16 entità, persone e organizzazioni, della teocraziana.