L’amicizia con Aldo Spinelli, il suo ruolo di presidente dell’Autorità di sistema portuale spostato verso il munifico e ricco amico che gli offriva viaggi di lusso e doni, la “sinergia“ con il governatore Giovanni Toti, che diede l’ok politico alla sua nomina. Paolo Emilio Signorini ammette "l’inopportunità" di quella frequentazione ma si giustifica: "Ho sempre operato per il bene del porto".
Dopo il silenzio dell’interrogatorio di garanzia, Signorini stavolta parla: tre ore davanti ai pm che avevano chiesto e ottenuto il suo arresto. Dal 7 maggio scorso, il giorno dell’esplosione del Liguria-gate, Signorini è nel carcere di Marassi, in cella con un uxoricida. Venti giorni non facili, per l’ex ad di Iren, sospeso anche da questo incarico dopo il macigno dell’accusa di corruzione.
Il suo arrivo al Palazzo di giustizia genovese è blindato, in un furgone della polizia penitenziaria. A differenza di Toti, l’interrogatorio di Signorini si tiene in Procura. Ma anch’essa è stata interdetta, per l’occasione, ai cronisti in attesa dell’esito dell’incontro tra l’ex presidente dell’Authority e gli inquirenti. Al termine, tocca i suoi legali, Enrico e Mario Scopesi, affrontare taccuini e telecamere: "Signorini ha riconosciuto la sostanziale inappropriatezza di una frequentazione di quello che ha sempre ritenuto e che ritiene tutt’ora un amico. Col senno di poi ha capito che non era un comportamento adeguato, ma tutto il suo operato è stato fatto nell’interesse del porto e degli operatori portuali", ma "ha operato per il mantenimento dell’equilibrio degli operatori portuali".
"Siamo moderatamente soddisfatti – hanno aggiunto i difensori –, è andata abbastanza bene. Ha risposto a tutte le domande, una dozzina, e poi ha rilasciato spontanee dichiarazioni. Ha respinto ogni addebito, ha respinto le accuse di corruzione e di aver svenduto la funzione a interessi privati".
L’ex presidente dell’Autorità portuale ha replicato anche alla contestazione di aver ricevuto da Spinelli i soldi – 15 mila euro – per saldare il conto del catering delle nozze della figlia. "Li ha presi da una amica, non da Spinelli, e glieli ha restituiti con le vincite al Casinò". Basterà l’interrogatorio a convincere i pm Federico Manotti e Luca Monteverdi a far uscire dal carcere Signorini?
La Procura non è apparsa troppo soddisfatta delle spiegazioni. Così come Spinelli senior non ha convinto la gip Paola Faggioni, che ieri ha respinto l’istanza di revoca domiciliari presentata dall’indagato. Per il giudice "permangono i gravi indizi di colpevolezza e un concreto e attuale pericolo di inquinamento probatorio". L’anziano imprenditore potrebbe mettersi in contatto "con altre persone coinvolte nelle vicende criminose per concordare una diversa versione dei fatti" vista "la particolare capacità e intraprendenza elusiva manifestata dall’indagato a discapito dell’età nel corso delle indagini come il caso dei soldi da dare a Signorini, con la falsa versione del regalo di nozze". Tra l’altro, il gip sottolinea come l’anziano potrebbe corrompere ancora visto che "le condotte per cui si procede sono tutt’altro che risalenti visto che le ultime risalgono ad agosto 2023". Nel frattempo, in Procura è stato riascoltato l’interrogatorio del figlio, Roberto, per chiarire se avesse parlato di finanziamenti "illeciti" – come trascritto – o "leciti": dall’audio, pare proprio la seconda.
Oggi i pubblici ministeri e il procuratore capo Nicola Piacente andranno in commissione parlamentare Antimafia. E in settimana potrebbero essere sentiti, come testimoni, il sindaco Marco Bucci e l’armatore Gianluigi Aponte, “rivale“ di Spinelli nella guerra delle concessioni al porto oggetto dell’inchiesta.