KANAZAWA (Giappone)
Le drammatiche immagini girate ieri alle 16,10 ora locale (le 8,10 in Italia), mentre una scossa di 7,6 gradi Richter – a 10 chilometri di profondità – sconvolgeva la prefettura di Ishikawa, 500 chilometri a ovest di Tokyo, hanno riportato alla memoria il pomeriggio dell’11 marzo 2011 quando un sisma e il successivo maremoto fecero 20mila morti in Giappone e danneggiarono gravemente la centrale nucleare di Fukushima, con esplosioni e fuga di materiale radioattivo. Un evento con cui il Paese deve ancora fare i conti. Allora la scossa fu del nono grado, stavolta quella principale è stata più lieve, anche se prima e dopo ce ne sono state molte altre assai forti: nel giro di un’ora e mezza sono stati registrati l’equivalente di ventuno terremoti sopra i 4 gradi Richter e fino a 6,2. Il bilancio delle vittime al momento è di sette morti, sei rimasti sotto le macerie di un palazzo crollato nella città di Noto, all’estremo nord della prefettura più colpita, appunto quella di Ishikawa, epicentro del sisma; sono state state colpite anche altre cinque circoscrizioni.
Anche se non ci sono state – secondo l’Agenzia nazionale per le emergenze – "criticità in strutture importanti", le persone evacuate sono state comunque 51mila; più di 33mila edifici sono rimasti senza energia elettrica e acqua potabile. Il terremoto si è sentito distintamente nella capitale tanto che le autorità hanno fermato i treni ad alta velocità; la compagnia aerea All Nippon Airways ha fatto tornare agli aeroporti di partenza i voli diretti a Toyama e Ishikawa (dove uno scalo è stato chiuso), mentre Japan Airlines ha cancellato anche i servizi per Niigata.
Le emittenti hanno interrotto la programmazione per passare a programmi speciali e lanciare urgenti appelli ai residenti perché raggiungessero in zone più elevate. "Ci rendiamo conto che la vostra casa, le vostre cose sono tutte preziose per voi, ma le vostre vite sono importanti sopra ogni altra cosa. Correte sul terreno più alto possibile", ha detto agli spettatori un presentatore dell’emittente NHK. Ma è stata la paura dello tsunami, come accadde nel terribile terremoto del Tohoku quasi tredici anni fa, che ha fatto scattare la massima emergenza che col passare delle ore è in parte rientrata essendo stato declassato il previsto maremoto da "potenzialmente devastante" a "semplice allerta", pur se gli esperti consigliano a chi vive lungo le coste occidentali dell’arcipelago di stare in guardia per altri due o tre giorni dato che potrebbero nascere onde di tre metri.
Sul porto di Wajima, estremo nord della penisola di Noto, se ne sono immediatamente abbattute alcune superiori al metro e mezzo, poi la situazione è migliorata. L’allarme è stato comunque allargato sia alle due Coree sia all’oriente della Russia, dove provvedimenti di emergenza sono stati presi nelle città di Vladivostok e Nakhodka e nell’isola di Sakhalin. Le scosse di assestamento potrebbero invece durare una settimana.
L’altra grande paura era ovviamente per le centrali nucleari, numerose nella zona, sempre pensando a quanto era avvenuto a Fukushima. Un incendio è scoppiato in quella di Shika, vicino all’epicentro, ma è stato spento in breve tempo e, a detta dei tecnici, non ha colpito parti vulnerabili dell’impianto. Il Giappone è un territorio fortemente a rischio terremoti e ci sono strutture studiate adeguatamente. Nonostante questo, i cittadini hanno avuto molta paura anche perché subito dopo la scossa più forte nella zona di Wajima c’è stata una serie di incendi, fortunatamente domati; nelle strade l’asfalto è saltato e i pali elettrici crollati; trenta edifici sono collassati. In aiuto alla popolazione il governo giapponese ha inviato mille militari e altri 8.500 sono pronti a partire.