Soprattutto giovani, soprattutto laureati, soprattutto poliglotti. È l’identikit prevalente degli italiani che hanno lasciato il nostro Paese negli ultimi dieci anni. Gli expat, come sono stati chiamati. Spesso cervelli e talenti in fuga. In ogni caso una perdita secca e desolante per una nazione che vive un inverno demografico da far spavento. Al punto che nel 2040 le coppie con figli diminuiranno fino a rappresentare il 25,8% del totale. I numeri e l’analisi del tradizionale Rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del Paese, il 57°, non lasciano tanto spazio alla speranza per una comunità nazionale che invecchia nel sentiment collettivo del declino, vive il presente in condizione di "sonnambulismo" e lascia andare la sua gioventù. E magari anche la sua "migliore gioventù". Basta mettere in fila i numeri per rendersene conto.
Gli italiani che si sono stabiliti all’estero sono aumentati del 36,7% negli ultimi dieci anni, ossia quasi 1,6 milioni in più. A caratterizzare i flussi più recenti è l’aumento significativo della componente giovanile. Nello studio si sottolinea che nell’ultimo anno gli espatriati sono stati circa 82mila, di cui il 44% tra 18 e 34 anni (oltre 36mila). Con i minori al seguito delle famiglie (13.447) si sfiorano le 50mila persone: pari al 60,4% del totale. E, in questo ambito, anche il peso dei laureati sugli expat 25-34enni è aumentato significativamente, passando dal 33,3% del 2018 al 45,7% del 2021. Giovani in fuga, dunque. E vecchi che rimangono e aumentano. Una fotografia che restituisce uno scenario in cui "alcuni processi economici e sociali largamente prevedibili nei loro effetti, sembrano rimossi dall’agenda collettiva del paese, o comunque sottovalutati, benché il loro impatto sarà dirompente per la tenuta del sistema".
Il primo, macroscopico, effetto è l’invecchiamento. Nel 2050, tra meno di trent’anni, si stima che l’Italia avrà perso complessivamente 4,5 milioni di residenti, come se le due più grandi città, Roma e Milano, scomparissero nel nulla. La flessione demografica sarà il risultato di una diminuzione di 9,1 milioni di persone con meno di 65 anni e di un contestuale aumento di 4,6 milioni di over 65. Inevitabilmente diminuirà anche la fascia di popolazione in età lavorativa che si ridurrà di quasi 8 milioni di persone. Una scarsità di lavoratori che avrà un impatto inevitabile sul sistema produttivo e sulla nostra capacità di generare valore. Con riflessi inevitabili sulla tenuta del sistema di welfare: nel 2050 la spesa sanitaria pubblica sarebbe pari a 177 miliardi di euro, a fronte dei 131 miliardi di oggi. Nel vicinissimo 2040, del resto, solo una coppia su quattro avrà figli.
Per quella data i nuclei unipersonali aumenteranno fino a 9,7 milioni (il 37% del totale). Di queste, quelle costituite da anziani diventeranno quasi il 60% (5,6 milioni) e saranno sempre più soli. Un contesto in cui cresce la rassegnazione: otto italiani su dieci sono convinti che il Paese sia "irrimediabilmente in declino". E non è un caso che trovino terreno fertile le paure. Così l’84% si dice impaurito dal clima impazzito, mentre il 73% vede all’orizzonte una crisi economica e sociale molto grave, con povertà diffusa e violenza.